Il profeta Amos e la giustizia sociale

di Janique Perrin, pastora valdese

 

 

Esordio

Il 28 agosto del 1963, davanti al Lincoln Memorial di Washington, al termine di una marcia di protesta per i diritti civili, il pastore battista Martin Luther King tiene una predicazione diventata famosa, “I have a dream” (Faccio un sogno), in cui diceva:

No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente. Non ho dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui la domanda di libertà ci ha lasciato percossi dalle tempeste della persecuzione e intontiti dalle raffiche della brutalità della polizia. Siete voi i veterani della sofferenza creativa. Continuate ad operare con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice.

Questa frase «finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume potente» (Am 5, 24) è una citazione diretta del profeta Amos, diventata impulso della fede profetica e fondamento della critica profetica dei sistemi sociali che trascurano e violano questo comandamento basilare di Dio.

 

I. Introduzione: osservazioni generali sul libro di Amos

1. Un po’ di storia

I profeti sono messaggeri di Dio, scelti da Dio, spesso anche a loro insaputa, persino contro la loro volontà (cf. per es. Ger 1, 4, anche Is 6). I profeti sono anche quelli che hanno una o più visioni. Il profetismo è un genere letterario nella Bibbia (i libri profetici sono stati scritti in forma poetica) e comprende diversi tipi di messaggi: annunci di cataclismi, di catastrofe, di castigo, oracoli contro le nazioni (nemici di Israele), ma anche contro Israele stesso (come per es. in Am). Si trovano anche molti annunci di restaurazione di Israele in quanto popolo eletto, annunci di liberazione e di salvezza per un popolo che ha sofferto e soffre. Questo ci fa subito vedere che il profetismo è molto legato al contesto storico di Israele. Tra i temi che ritornano troviamo il ritorno di Israele nel paese dopo l’esilio, il “resto” di Israele (gola, il popolo salvato) e anche l’espressione “il giorno del Signore”. La prospettiva è escatologica, i testi sono stati scritti in un tempo (lungo) di sofferenza per il popolo eletto e i profeti sono quelli che rivolgono agli Israeliti un messaggio di speranza e li invitano a rimanere fedeli al Signore.

Ma qual è il contesto storico della redazione del libro di Amos? Da ciò che gli studiosi hanno scoperto si può dedurre che Amos è probabilmente uno dei primi profeti, anzi forse il primo, cioè il più antico. Ha svolto la sua attività profetica negli anni 760-750 a.C. Bisogna brevemente ricordare la situazione politica all’epoca.

In quelli anni (760-750 a.C.) ci sono due regni in Israele: il regno del Nord che si chiama Israele (capitale Samaria) e il regno del Sud che si chiama Giuda (capitale Gerusalemme). I due regni coesistono più o meno fin dal 931 a.C. (periodo che segue il periodo regale dell’inizio di Israele con Saul, Davide, Salomone).

Nell’VIII sec. a.C. comincia per Israele un periodo di grande instabilità politica. Israele (i due regni) è una terra strategicamente molto importante ma militarmente piccola e debole. Viene minacciata da tutti i suoi vicini, deve difendersi ma a poco a poco si arrende perché le nazioni vicine sono più forti. Alcuni anni prima delle profezie di Amos (intorno all’anno 800 a.C.) Israele viene costretto a pagare il tributo all’impero assiro. È un primo segno della progressiva perdita di autonomia. Un centinaio di anni dopo, cioè anche dopo le profezie di Amos, nel 722/1 il regno del Nord sarà conquistato e annesso dai Babilonesi. Giuda, il regno del Sud, rimarrà autonomo ancora per più di un secolo. Alla fine di questo periodo Gerusalemme sarà attaccata e resisterà a l’assedio dei Babilonesi per dieci anni (597-587/6). Ma Babilonia vincerà comunque, il tempio di Gerusalemme viene distrutto e una buona parte degli abitanti di Gerusalemme viene mandata in esilio a Babilonia (586). L’esilio durerà quasi cinquant’anni. Dopo di che, al momento della conquista di Babilonia dai Persiani, gli Giudei otterranno il diritto di ritornare nel proprio paese (editto di Ciro 538).

Questo quadro molto generale ci fa capire che al tempo di Amos i due regni stanno vivendo momenti di grande tensione e di instabilità politica. In Israele si sono create delle divisioni nella società, soprattutto tra una parte che commercia con le potenze straniere e i contadini che lavorano per pagare i loro debiti. Amos denuncia con forza questa disuguaglianza.

 

2. Chi è il profeta Amos?

Come già detto Amos profetizza negli anni 760-750. E’ nato a Tecoa, un paese del regno del sud (Guida) a 10 km a sud da Betlemme. È pastore, alcuni studiosi pensano che provenga da una famiglia benestante (Am 1,1-2). Inoltre è anche coltivatore di sicomori (Am 7,14). Abbiamo anche già detto che Amos è il primo profeta, il più antico. Ma c’è ancora un’altra specificità da indicare: anche se Amos proviene dal regno del Sud (Giuda), rivolge e pratica la sua attività profetica nel regno del Nord, un fatto rarissimo visto la concorrenza che c’è sempre stata tra i due regni (concorrenza anche religiosa: santuari concorrenti, samaritani accusati di essere politeisti).

Amos è stato accolto male in Israele (regno del Nord), anche se i due regni condividono la lingua e la religione. Ci sono gelosie, lotte, anche intorno ad alcuni luoghi sacri e santuari. L’intervento di Amos nel regno del Nord è visto come un’intrusione straniera, non solo perché la sua profezia disturba l’ordine sociale. Verso la fine della sua missione Amos viene cacciato via dal santuario di Bethel, città al confine tra i due regni. All’epoca di Amos il santuario reale di Bethel esiste da 200 anni e si trova in concorrenza con quello di Gerusalemme (Am 7, 10-13 e 1 Re 12, 26-33).

La profezia di Amos è basata sul richiamo all’uguaglianza e alla giustizia che, secondo la religione israelita, provengono direttamente da Dio. La disubbidienza e il caos denunciato dal profeta sono segni di infedeltà a Dio e di conseguenza vanno puniti. L’annuncio del castigo e l’invito al pentimento sono rivolti non solo a Israele ma anche ai popoli vicini. Ciò segna una profezia che invita all’universalità: Dio va riconosciuto e adorato da tutti i popoli. Ma allo stesso tempo la profezia di Amos mette in questione lo statuto di Israele come popolo eletto.

Da quasi sempre l’esegesi biblica ha considerato il libro del profeta Amos come quello della contestazione e dell’invito a difendere la giustizia sociale. Amos è stato ripreso da tantissimi gruppi in questo senso, quasi da farlo diventare un profeta rivoluzionario! Vorremo qui mettere alla prova questa immagine e verificare la sua rilevanza.

 

3. La struttura del libro di Amos

1, 1-2              vocazione del profeta Amos

1,3 – 2, 16       sette oracoli contro le nazioni ritenute colpevoli di aver violato i diritti dei popoli e della persona umana. Gli oracoli si rivolgono anche a Giuda e Israele: «Così parla il Signore» (ko amar Yhwh)

3, 1 – 6, 14      serie di dichiarazioni rivolte solo a Israele

7, 1 – 9, 10      cinque visioni di Amos (in prima persona “io”). Il profeta racconta come scopre a poco a poco il giudizio di Dio per il popolo di Israele.

1° visione: 7, 1-3 (breve intercessione in favore del popolo al v. 3)

2° visione: 7, 4-6 (breve intercessione in favore del popolo al v. 6)

3° visione: 7, 7-8

discussione tra Amos e Anasia, sacerdote di Betel

4° visione: 8, 1-2, si conclude con un oracolo profetico (v. 3)

5° visione: 9, 1-4, si conclude con un oracolo profetico (v. 5-10)

9, 11-15           al di là del giudizio che è stato annunziato si apre una prospettiva di restaurazione (cf. v. 11-12) che riguarda la dinastia di Davide e ha una portata messianica. Nel libro degli Atti (Atti 15, 16-18) Giacomo cita questi versetti durante l’assemblea di Gerusalemme per sottolineare l’apertura della prospettiva di restaurazione a tutti i popoli. Il disegno di Dio, nel discorso di Giacomo, include tutti, anche i non Ebrei. Tutti sono sottomessi al giudizio di Dio e quindi anche chiamati a scoprire la salvezza.

 

Un breve percorso attraverso il libro del profeta Amos: quattro testi come filo conduttore del testo ma anche testi importanti per l’interpretazione teologica della tradizione profetica (cf. W. Brueggemann, p. 243-4):

1) Am 3, 2:      fa vedere in modo molto chiaro il collegamento tra l’immediatezza del giudizio profetico e le antiche tradizioni della promessa. L’elezione di Israele nei testi del patto (per es. Gn 12, 3) diventa qui il fondamento del particolare giudizio contro Israele disubbidiente.

2) Am 5, 7; 5, 24; 6, 12 (cf. Gn 18, 19): Amos usa tre volte la coppia di termini “diritto e giustizia” (mishfat e tsedaka) come preoccupazione profetica fondamentale. In Am 5, 24 il profeta esprime quello che è diventato l’appello decisivo di tutta la fede profetica.

3) Am 4, 13; 5, 8-9; 9, 5-6: sono tre dossologie che dovevano essere usate al tempo del profeta, forse nel tempio di Gerusalemme. Celebrano la sovranità del Dio creatore, elemento molto presente nel libro, sottolineato nelle profezie alle nazioni. In un certo senso ciò significa che la potenza creatrice di Dio è più forte di ogni ideologia.

4) Am 9, 7:      da una parte c’è il ricordo dell’esodo di Israele ma dall’altra c’è anche l’accenno ad altri esodi, per altri popoli. Come dice Brueggemann, «Israele non ha il monopolio delle azioni salvifiche di Dio». Israele è come ogni altro popolo: interrogato da Dio. Am 9, 7 minimizza “l’eccezione Israele”: Dio regna e si rivolge a tutte le nazioni.

 

4. Redazione

La ricerca contemporanea sul libro di Amos concorda sul fatto che una prima edizione del libro è stata elaborata nella seconda metà del VIII sec. a.C. Nel periodo tra la caduta di Samaria (722 a.C.) e la distruzione di Gerusalemme (587 a.C) alcuni passi del libro di Amos subiscono un’attualizzazione dovuta agli eventi accaduti (Am 3, 3 – 6, 8 per es.). Una seconda rilettura sarà realizzata dopo l’esilio a Babilonia (dopo 586 a.C.), in particolare per quanto riguarda gli oracoli contro le nazioni dei capitoli 1 e 2.

È in fine molto probabile che la fine del libro (9, 11-15) sia un’aggiunta posteriore perché la promessa che ci leggiamo sembra incoerente con il tema del giudizio sul quale Amos insiste con forza. Ma Brueggemann rifiuta questa versione, secondo lui è tutto molto coerente e la fine universalista fa parte del progetto della scuola del profeta Amos.

Forse si può anche aggiungere qualcosa per quanto riguarda la ricerca molto recente. Negli ultimi diverse équipes di archeologi israeliani hanno scoperto numerosi oggetti che permettono di fare più chiarezza sulla vita quotidiana in Israele (Canaan) dalle origini alla caduta di Gerusalemme.

Queste scoperte hanno rimesso in questione la storia del popolo di Israele, soprattutto per quanto riguarda il suo arrivo nella terra promessa, la storia dei diversi re, la potenza di questi regni del Nord e del Sud, ecc. Questo lavoro che è stato diffuso nel pubblico con il libro di Israël Finkelstein e Neil Asher Silberman, The Bible unearthed, 2001 (Le tracce di Mose in italiano). L’importanza delle rivelazioni di questo libro è relativa perché nel mondo accademico le cose erano già conosciute. Ma questa nuova prospettiva può disturbare il lettore della Bibbia e il credente perché mette in luce la storia di un popolo proprio minuscolo in mezzo a grandi potenze politiche e militari. Israele non è più una terra di re e di principi temuti dalla potenze stranieri, ma un piccolo territorio di poca importanza. La sua caratteristica particolare è quella di iniziare a predicare una religione monoteistica. Yhwh è un

Dio unico e quindi ha scelto Israele come il suo rappresentante sulla terra.

Il momento più importante di questa “riforma religiosa” che fa della religione di Israele la prima religione monoteistica è il regno di Giosia (Giuda). Questo re, grazie a un gruppo di consiglieri, promuove una vera riforma per difendere il culto monoteistico (622 a.C.). Nello stesso tempo i testi – che fine a quel momento erano stati trasmessi oralmente – vengono scritti e tenuti in rotoli. È probabilmente anche in quel periodo che il libro subisce alcune trasformazioni, viene messo per iscritto e la sua teologia si fissa come quella di una denuncia degli abusi dei prìncipi e dei ricchi che hanno dimenticato il Signore liberatore. Amos ribadisce la fede in un Dio unico, portatore di una speranza di salvezza riservata a quelli che seguono la sua unica parola.

 

 

2. Analisi esegetica dettagliata

Introduzione: scopo e prospettiva della nostra lettura

La lettura del libro di Amos che propongo vuole concentrarsi su due questioni: quella dell’elezione di Israele (e le sue conseguenze sulla società) e quella della crisi sociale, politica e morale. Molto spesso si dà per scontato che Amos è il profeta della giustizia sociale, quello che annuncia davvero l’avvento di un mondo più equo e più pacifico. Il mio scopo è quello di interrogare questa tradizione, di andare a vedere nel testo in che prospettiva si trova questa forte critica al sistema e cosa si nasconde dietro una tale posizione.

A titolo di introduzione a queste due grandi questioni, elezione di Israele e crisi, possiamo dire che Amos è probabilmente il profeta che annuncia più chiaramente le conseguenze del giudizio futuro, cioè della fine (cf. Am 8, 2). Ci sono alcuni studiosi che capiscono questa fine in una prospettiva escatologica (quella delle fini ultime), ma ce ne sono anche altri, soprattutto quelli che interpretano il libro di Amos in una prospettiva di giustizia sociale, che insistono sul fatto che una delle ragioni del giudizio divino è fornita dalla critica sociale di Amos. Si tratta di vedere:

1) se vengono sottolineate le ragioni del giudizio; di conseguenza vengono denunciate le ingiustizie o;

2) se vengono sottolineate le conseguenze del giudizio; di conseguenza inizia il discorso sulla fine, vista o in una prospettiva escatologica; o in una prospettiva storica, cioè fine del disordine (attuale) e ritorno dell’ordine (contro il caos l’ordine del mondo) attraverso il castigo momentaneo del popolo (di Dio).

Amos non ha un programma per i suoi destinatari, la questione è quella del giudizio di Dio, e quindi delle sue conseguenze che possono essere una vera fine (dei tempi, escatologia) o una fine momentanea, un castigo per permettere l’avvento della salvezza. Da questa domanda di fondo, quella del giudizio di Dio, dipende una domanda fondamentale: qual è il destino del popolo di Dio, che cosa diventa l’elezione nel libro di Amos? E dopo aver esaminato questa domanda si tratterà di vedere quali sono le prospettive (anche attuali) della denuncia della crisi.

 

1. Primo tema: elezione di Israele

Tre testi sono coinvolti in questo primo tema: la serie degli oracoli contro le nazioni come esordio (1, 3-2, 16), e più precisamente 3, 1-2 e 9, 7.

 

a) Breve lettura degli oracoli contro le nazioni (1, 3-2, 16)

Am 1,3 – 2,16:  3 Così parla il Signore: «Per tre misfatti di Damasco, anzi per quattro, io non revocherò la mia sentenza, perché hanno lacerato Galaad con trebbie di ferro.  4 Io manderò nella casa di Azael un fuoco che divorerà i palazzi di Ben-Adad;  5 spezzerò le sbarre di Damasco, sterminerò ogni abitante da Bicat-Aven e colui che tiene lo scettro da Bet-Eden; il popolo di Siria andrà in esilio a Chir», dice il Signore.  6 Così parla il Signore: «Per tre misfatti di Gaza, anzi per quattro, io non revocherò la mia sentenza, perché hanno deportato intere popolazioni per metterle in mano a Edom.  7 Io manderò dentro le mura di Gaza un fuoco che ne divorerà i palazzi;  8 annienterò ogni abitante di Asdod e colui che tiene lo scettro ad Ascalon; rivolgerò la mano contro Ecron e il resto dei Filistei perirà», dice Dio, il Signore.  9 Così parla il Signore: «Per tre misfatti di Tiro, anzi per quattro, io non revocherò la mia sentenza, perché hanno messo in mano a Edom intere popolazioni, deportate da loro, e non si sono ricordati del patto fraterno.  10 Io manderò dentro le mura di Tiro un fuoco che divorerà i suoi palazzi».  11 Così parla il Signore: «Per tre misfatti di Edom, anzi per quattro, io non revocherò la mia sentenza, perché ha inseguito suo fratello con la spada, reprimendo ogni compassione, e perché mantiene la sua ira per sempre e serba la sua collera in perpetuo.  12 Io manderò in Teman un fuoco che divorerà i palazzi di Bozra».  13 Così parla il Signore: «Per tre misfatti dei figli di Ammon, anzi per quattro, io non revocherò la mia sentenza, perché hanno sventrato le donne incinte di Galaad per allargare i loro confini.  14 Io accenderò dentro le mura di Rabba un fuoco che ne divorerà i palazzi in mezzo ai clamori di un giorno di battaglia, in mezzo alla burrasca in un giorno di tempesta.  15 Il loro re sarà deportato insieme con i suoi prìncipi», dice il Signore.  2:1 Così parla il Signore: «Per tre misfatti di Moab, anzi per quattro, io non revocherò la mia sentenza, perché ha bruciato e calcinato le ossa del re di Edom.  2 Io manderò in Moab un fuoco che divorerà i palazzi di Cheriot. Moab perirà in mezzo al tumulto, alle grida di guerra e al suono delle trombe;  3 in mezzo ad esso sterminerò il giudice e ucciderò tutti i suoi prìncipi, con lui», dice il Signore.  4 Così parla il Signore: «Per tre misfatti di Giuda, anzi per quattro, io non revocherò la mia sentenza, perché hanno disprezzato la legge del Signore e non hanno osservato i suoi precetti, e perché si sono lasciati sviare dai loro falsi dèi, dietro i quali erano già andati i loro padri.  5 Io manderò in Giuda un fuoco che divorerà i palazzi di Gerusalemme».  6 Così parla il Signore: «Per tre misfatti d'Israele, anzi per quattro, io non revocherò la mia sentenza, perché vendono il giusto per denaro e il povero a causa di un paio di sandali;  7 perché desiderano veder la polvere della terra sulla testa degli indifesi, violano il diritto degli umili, e figlio e padre vanno dalla stessa ragazza, per profanare il mio santo nome.  8 Si stendono accanto a ogni altare su vestiti presi in pegno, e nella casa del loro Dio bevono il vino di chi viene multato.  9 Eppure, io ho distrutto davanti a loro l'Amoreo, la cui statura era come l'altezza dei cedri, e che era forte come le querce; io ho distrutto il suo frutto in alto e le sue radici in basso.  10 Eppure, io vi ho condotti fuori dal paese d'Egitto, e vi ho guidati per quarant'anni nel deserto, per darvi il paese dell'Amoreo.  11 ho suscitato dei profeti tra i vostri figli e dei nazirei tra i vostri giovani. Non è forse così, o figli d'Israele?» dice il Signore.  12 «Ma voi avete dato da bere del vino ai nazirei e avete ordinato ai profeti di non profetizzare!  13 Ecco, io vi schiaccerò, come un carro carico di covoni schiaccia la terra.  14 L'agile non avrà modo di darsi alla fuga, il forte non potrà servirsi della sua forza, e il valoroso non scamperà;  15 chi maneggia l'arco non potrà resistere, chi ha il piede veloce non potrà scampare; il cavaliere sul suo cavallo non si salverà,  16 il più coraggioso fra i prodi fuggirà nudo in quel giorno», dice il Signore. 

 

Troviamo sempre la stessa forma dell’oracolo:

o formula di introduzione: “così parla il Signore”

o segue il motivo generale della condanna: “per i peccati di ...”

o viene enunciato il peccato specifico commesso dal popolo in questione

o è pronunciata la sentenza di condanna

In tutte le civiltà dell’antico vicino oriente si trovano oracoli religiosi-politici che hanno come  scopo di maledire il nemico e di conseguenza di incoraggiare il popolo. Nel caso di Amos è diverso perché l’oracolo è pronunciato, non da un sacerdote in nome di una divinità o di un re, ma è pronunciato da un profeta in nome di Dio. Il giudizio annunciato è quello di Dio.

 

città

peccato specifico

sentenza di condanna

Damasco (Siria)

v. 1, 3-5

lacerato Galaad

fuoco, sterminio, esilio

Gaza (la città più importante della confederazione filistea)

v. 1, 6-8

deportato popolazione di Edom, commercio di schiavi

fuoco, sterminio

Tiro (capitale della Fenicia)

v. 1, 9-10

commercio di schiavi, dimenticato patto fraterno, cioè le relazioni tradizionali di amicizia tra i popoli

fuoco di distruzione

Edom (tribù che risalgono allo stesso ceppo di Israele, racconto di Giacobbe e Esaù, Gen 36, 1)

v. 1, 11-12

inseguito il fratello (Giacobbe)

sono colpite solo Teman e Bosra (fuoco)

 

figli di Ammon (tribù seminomadi al sud di Galaad (regione fertile di Gad, est del Giordano)

v. 1, 13-15)

uccisione delle madri e del feto nel ventre materno

fuoco, deportazione del re e dei principi

Moab (rive occidentali del Mar Morto)

v. 2, 1-3

vendetta sul cadavere del re degli Edomiti

fuoco, distruzione castigo dei dirigenti

 

Giuda (regno del sud, Gerusalemme)

v. 2, 4-5

non rispetto della legge

fuoco sui palazzi di Gerusalemme

Israele (regno del Nord, Samaria)

v. 2, 6-16

o ingiustizia dei giudici che condannano alla schiavitù

o i diritti dei deboli e poveri vengono calpestati (contro la legge: Es 22, 21ss.)

o prostituzione e idolatria

o importanza fondamentale dell’uscita dell’Egitto: qui si fonda tutta la fede di Israele come popolo di Dio. Amos: unico profeta che parla dei 40 anni nel deserto

o divieto ai profeti di profetizzare, Israele rifiuta ciò che il Signore gli dà

Dio schiaccerà Israele, immagini di un esercito alla sbando “in quel giorno”: il giorno del Signore, il

giorno in cui Dio manifesterà la sua sovranità e la sua presenza

 

b) Lettura di Amos 9, 7 e 3, 1-2

Per Amos 9, 7 («Non siete forse per me come i figli degli Etiopi, o figli d'Israele?» dice il Signore. «Non ho forse condotto Israele fuori dal paese d'Egitto, i Filistei da Caftor e i Siri da Chir?): da una parte c’è il ricordo dell’esodo di Israele ma dall’altra c’è anche l’accenno ad altri esodi, per altri popoli. Come dice Brueggemann, «Israele non ha il monopolio delle azioni salvifiche di Dio». Israele è come ogni altro popolo: interrogato da Dio. Am 9, 7 minimizza “l’eccezione Israele”: Dio regna e si rivolge a tutte le nazioni.

Per Amos 3, 1-2 (Ascoltate questa parola che il Signore pronunzia contro di voi, o figli d'Israele, contro tutta la famiglia che io ho condotto fuori dal paese d'Egitto:  2 «Voi soli ho scelti fra tutte le famiglie della terra; perciò vi castigherò per tutte le vostre trasgressioni»): fa vedere in modo molto chiaro il collegamento tra l’immediatezza del giudizio profetico e le antiche tradizioni della promessa. L’elezione di Israele nei testi del patto (per es. Gn 12, 3) diventa qui il fondamento del particolare giudizio contro Israele disubbidiente. Il verbo “conoscere” (jd) ha un significato variegato e ampio che va dalla conoscenza intellettuale ai rapporti sessuali. Nel nostro testo, alcuni traducono “eleggere”, altri tengono “conoscere” ma comunque si tratta del tema dell’elezione di Israele (tutto Israele, non solo il regno del Nord) ma inteso non come qualcosa che il Signore avrebbe imposto ma come un legame intimo, una relazione particolare. Qui il rapporto con l’elezione e con il patto sottolinea la responsabilità specifica di Israele di fronte al suo Signore. Perché a chi è stato dato molto viene anche richiesto molto!

 

c) Elezione di Israele: filo rosso teologico

La questione dell’elezione costituisce il filo rosso teologico del libro di Amos. L’elezione di Israele è la storia della relazione particolare e specifica che unisce Dio al suo popolo, il popolo di Abraamo, di Isacco e di Giacobbe, il popolo salvato dalla schiavitù e condotto fuori dall’Egitto verso la terra promessa. Al tempo della profezia di Amos questa relazione, questa alleanza tra il Signore e il suo popolo costituisce il fondamento della religiosità di ogni Israelita.

Amos segna una certa rottura nei rapporti tra Israele e il suo Dio, inaugura un tipo nuovo di relazione tra i due: una minaccia radicale pesa su Israele, il “giorno del Signore” è imminente. Il Signore è in grado di sacrificare il proprio popolo: Israele deve prepararsi ad affrontare la sua collera.

Si pongono tre domande collegate tra di loro: che cos’è l’elezione nel libro di Amos? È la fine della storia della salvezza? Di che Israele si tratta?

 

1. Che cos’è l’elezione nel libro di Amos? Nel libro di Amos (cf. Am 3, 2) Israele è il popolo dell’elezione. Non si parla di alleanza perché la teologia dell’alleanza appare solo nel VII secolo. Riprendo qui gli argomenti di un teologo tedesco, Horst Dietrich Preuss. Per i profeti e nel loro discorso Yhwh (il Signore) non è solo il Dio che si è presentato al suo popolo nel passato ma anche quello che si manifesta nel presente attraverso il suo agire nella storia. Per esempio Am 4, 12: Dio manda gli Assiri contro Israele. Di conseguenza il profeta deve rispondere a nuove domande: l’elezione vale ancora o è venuta meno? L’azione di castigo di Dio è un’azione che conduce a una distruzione totale? (Am 8, 2)

Il profeta proclama un nuovo incontro tra Dio e il suo popolo, una storia di giudizio e di castigo perché Israele “merita” un castigo. Dio non può più essere misericordioso (Am 8, 1-3). Nel libro di Amos il giudizio però non è inevitabile, il giudizio non è lo scopo ultimo di Dio nei confronti del popolo. Ma si può parlare di una nuova salvezza articolata intorno a Yhwh (Am 5, 15). Dio vuole creare una nuova salvezza e quindi tutti gli elementi della salvezza propria a Israele riappaiono: nuovo esodo, nuova Gerusalemme, nuova alleanza (questo schema vale per tutti i profeti).

 

2. È la fine della storia della salvezza? Amos è il primo ad annunciare la fine del popolo di Dio (Am 8, 2). Amos annuncia la morte di Israele (Am 5, 2), senza limite, senza il famoso “resto” (Am 9, 1-4). Teologicamente ciò significa che è finita la vecchia storia della salvezza e dell’elezione. La grande storia dell’esodo è conclusa. Ma è una fine chiusa o una fine che può aprirsi su un cambiamento, un ravvedimento, c’è ancora una speranza? Il Signore si pente in Am 7, 3.6.

In un certo senso Amos significa la fine della storia della salvezza ma nello stesso tempo Amos si iscrive in un’altra prospettiva che sarebbe quella del ravvedimento del popolo, di un momento in cui Israele non è più il popolo dell’esodo ma il popolo scelto da Dio per ricevere il giudizio di Dio (Am 3, 2).

3. Di che Israele si tratta? Fare questa domanda significa fare anche la domanda su Dio: di che Dio si tratta nel libro di Amos? Alcuni studiosi hanno visto in Amos un Dio universalista. Penso che si tratti di un testo che riprende con forza la tesi dell’elezione di Israele e quindi di Dio come Dio di Israele, ma ciò in una prospettiva che alla fine riguarda comunque tutte le nazioni. Proprio perché Israele è l’eletto di Dio l’oracolo contro il paese prende tutta la sua forza. “Non ubbidite ai miei comandamenti state per subire il mio castigo così come i vostri nemici”. Yhwh usa le nazioni per punire Israele.

L’elezione dà a Israele una responsabilità ancora più grande. Di solito, nel discorso profetico, gli oracoli contro le nazioni sono seguiti da un oracolo di salvezza per Israele. Non è per niente così nel libro di Amos. Al contrario, per Yhwh l’oppressione dei deboli in Israele è così grave come i crimini di guerra commessi dalle nazioni.

Nel grande oracolo contro Israele (Am 2, 6-16) Amos oppone all’ingiustizia di Israele tutto il bene che Yhwh ha compiuto per il suo popolo: ciò dà a Israele una responsabilità particolare. Nella seconda parte del libro (cap. 3-6) il profeta denuncia soprattutto la falsa sicurezza della fede di Israele basata sull’elezione, vista come una protezione e una garanzia e non come un’esigenza di fedeltà e di responsabilità.

 

In conclusione possiamo dire che il discorso del profeta è rivolto a Israele e solo a Israele come popolo eletto. Ma Dio è creatore della terra intera e quindi i suoi diritti superano i limiti di Israele e Dio regge l’ordine tra tutti i popoli della terra. Israele non viene giudicato a nome di un diritto universale, al contrario: la giustizia rivelata a Israele manifesta le esigenze di Yhwh nei confronti di tutti i popoli.

 

2. Secondo tema: la crisi sociale, politica e morale

a) Possiamo iniziare con la lettura di due testi che hanno a che vedere con la crisi del potere: Amos 5, 7-17 e poi Amos 8, 4-8 (cf. J. Limburg p. 167ss).

 

5,7-17  7 Voi alterate il diritto in assenzio, e gettate a terra la giustizia!  8 Egli ha fatto le Pleiadi e Orione, cambia in aurora l'ombra di morte, e il giorno in notte oscura; chiama le acque del mare e le riversa sulla faccia della terra: il suo nome è il Signore.  9 Egli fa sorgere improvvisa la rovina sui potenti, e la rovina piomba sulle fortezze.  10 Essi odiano chi li ammonisce e detestano chi parla con rettitudine.  11 Perciò, visto che calpestate il povero ed esigete da lui tributi di frumento, voi fabbricate case di pietre squadrate, ma non le abiterete; piantate vigne deliziose, ma non ne berrete il vino.  12 Poiché io so quanto sono numerose le vostre trasgressioni, come sono gravi i vostri peccati; voi opprimete il giusto, accettate regali e danneggiate i poveri in tribunale.  13 Ecco perché, in tempi come questi, il saggio tace; perché i tempi sono malvagi.  14 Cercate il bene e non il male, affinché viviate, e il Signore, Dio degli eserciti, sia con voi, come dite.  15 Odiate il male, amate il bene e, nei tribunali, stabilite saldamente il diritto. Forse il Signore, Dio degli eserciti, avrà pietà del resto di Giuseppe.  16 Perciò, così dice il Signore, Dio degli eserciti, il Signore: «In tutte le piazze si farà lamento e in tutte le strade si dirà: "Ahimé! ahimé!" Si inviteranno i contadini a fare cordoglio, e al lamento quelli che conoscono le nenie del lutto.  17 «In tutte le vigne si alzeranno lamenti, perché io passerò in mezzo a te», dice il Signore.

 

8,4-8   4 Ascoltate questo, voi che vorreste divorare il povero e distruggere gli umili del paese;  5 voi che dite: «Quando finirà il novilunio, perché possiamo vendere il grano? Quando finirà il sabato, perché possiamo aprire i granai, diminuire l'efa, aumentare il siclo e usare bilance false per frodare,  6 per comprare con denaro i poveri, e l'indigente se deve un paio di sandali? E venderemo perfino lo scarto del grano!»  7 Il Signore lo ha giurato per colui che è la gloria di Giacobbe: «Non dimenticherò mai nessuna delle vostre opere.  8 Il paese non tremerà forse per questo motivo?

 

In questi due testi si parla di mancanza di giustizia, una giustizia che dovrebbe, nell’AT, garantire la vita, tutelare la vita comune. Si tratta di ritessere la trama dei rapporti spezzati. Fare giustizia significa dare a Dio il posto che gli compete e riconoscere il diritto del povero, della vedova, dell’orfano (cf. Giacomo).

Amos denuncia una disintegrazione della comunità, a livello giuridico, a livello di sfruttamento e di annullamento dell’uomo (cf. Am 8, 4-8), a livello economico (8, 5: mercante). Questa situazione produce disordine, oppressione e violenza. Non solo si distrugge l’essere umano facendolo diventare schiavo ma lo si svuota dalla sua anima, dalla sua dignità umana in quanto creatura tra creature di Dio.

Secondo alcuni esegeti questa crisi sociale denunciata dal profeta non conduce a un messaggio di tipo politico (rivoluzione o altro) ma piuttosto a un messaggio religioso. Si tratta, secondo loro, di tornare al concetto di giustizia come espressione della vita nel patto di Dio con gli uomini. Amos denuncia soprattutto la violazione, da parte di uomini e donne della stessa fede, del rapporto di fraternità che deve esistere tra fratelli. Il metro di Amos non è un diritto naturale o un concetto di giustizia ma la rivelazione divina, le norme del diritto, rivelate da Yhwh al Sinai. I rapporti ingiusti instaurati da parte di un gruppo di persone benestanti sono impossibili all’interno del popolo di Dio. Amos cerca di ripristinare l’impostazione di vita e dei rapporti che caratterizzano Israele come comunità di Yhwh.

 

b) Amos 4, 1-3 e 6, 1-7 pongono il problema della crisi delle élites, una crisi soprattutto morale.

4,1-3  Ascoltate questa parola, vacche di Basan che state sul monte di Samaria! voi che opprimete gli umili, maltrattate i poveri e dite ai vostri mariti: «Portate qua, ché beviamo!»  2 Il Signore, Dio, l'ha giurato per la sua santità: «Ecco, verranno per voi dei giorni in cui sarete tirate fuori con gli uncini, e i vostri figli con gli ami da pesca;  3 voi uscirete per le brecce, ognuna davanti a sé, e sarete scacciate verso l'Ermon», dice il Signore.

In questo brano la parola profetica equipara uomini e donne: le donne non agiscono diversamente dagli uomini nei confronti dei poveri e dei deboli. Il discorso comincia con l’espressione “Ascoltate questa parola, voi vacche di Basan”, non si tratta di un complimento! Amos vuole richiamare l’attenzione.

L’oracolo segue lo schema fisso peccato-castigo. Le donne sono accusate di “opprimere gli umili”. È interessante leggere a questo proposito ciò che dice la letteratura sapienziale, per es. Proverbi 14, 31 “Chi opprime il povero offende colui che l’ha fatto”, quindi è una offesa a Dio. In secondo luogo le donne sono accusate di “maltrattare i poveri”. Queste due accuse contro le donne richiamano Am 2, 6-7 e sono abbastanza frequenti nel linguaggio profetico.

La terza accusa invece è più sottile perché riguarda il ruolo delle donne nei confronti dei mariti e questo ruolo, che incoraggia gli abusi e l’oppressione dei più deboli, viene sottolineato dal profeta Amos. Anche se sono probabilmente gli uomini che agiscono più spesso (Am 8, 5-6 (economia) e Am 5, 11-12 (giustizia)) le donne sono ritenute corresponsabili del degrado della società in cui vivono. Sembra infatti venir fuori dal testo biblico (v. 1c) che le donne facciano pressione per mantenere uno stile di vita dispendioso (“beviamo”).

Il castigo è introdotto da una formula di giuramento molto solenne (v. 2: “Il Signore, Dio, l’ha giurato per la sua santità”) e continua la metafora delle vacche!

Da ciò che possiamo dedurre dai posti: le donne vengono da Basan (a est del mare di Galilea) e saranno condannate alla deportazione verso il monte Ermon, cioè nella direzione dell’Assiria.

Questo detto profetico chiarisce che uomini e donne sono responsabili delle condizioni in cui versa la società israelita. Ciò diventa ancora più chiaro se paragoniamo questo detto contro le donne a quello rivolto agli uomini d’affari in Amos 8 (Am 8, 4-8). Tutti e due sono:

1) formati da un’accusa e da un annuncio di castigo

2) introdotti dalla formula “Ascoltate”

3) contengono l’accusa di maltrattamento dei poveri e degli umili

4) contengono la formula di giuramento.

I due oracoli riprendono il tema e l’accusa di Am 2, 6-7, cioè l’oppressione dei poveri e deboli nella società. La cosa interessante viene dal fatto che Amos rivolge un oracolo specifico alle donne, facendo di loro delle colpevoli, uguali agli uomini per quanto riguarda il peccato contro il prossimo, il peccato di non considerare l’altro (cf. Am 3, 3).

 

Amos 6, 1-7: Guai a quelli che vivono tranquilli a Sion e fiduciosi sul monte di Samaria, ai notabili della prima fra le nazioni, dietro ai quali va la casa d'Israele!  2 Passate a Calne e guardate, e di là andate fino a Camat la grande, poi scendete a Gat dei Filistei: quelle città stanno forse meglio di questi regni? o il loro territorio è forse più vasto del vostro?  3 Voi volete allontanare il giorno del male, ma fate avvicinare il regno della violenza.  4 Si stendono su letti d'avorio, si sdraiano sui loro divani, mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli presi dalla stalla.  5 Improvvisano al suono della cetra, si inventano strumenti musicali come Davide;  6 bevono il vino in ampie coppe e si ungono con gli oli più pregiati, ma non si addolorano per la rovina di Giuseppe.  7 Perciò ora andranno in esilio alla testa dei deportati e cesseranno le feste di questa combriccola.

Due parti in questo detto di sventura che è un po’ come l’annuncio della propria morte nella tradizione antica: prima parte v. 1-3, arroganza della nazione e v. 4-7, indifferenza dei grandi.

V. 1: l’oracolo si rivolge al regno del Nord e al regno del Sud, fenomeno molto raro. Probabilmente il profeta ha notato la stessa arroganza al sud e al nord, vede che i due regni pensano di essere al riparo da una minaccia esterna.

V. 2: Amos cita le parole dei suoi ascoltatori. Le tre città saranno conquistate dall’Assiria come Samaria. I dirigenti di Samaria sono ciechi e non vedono l’arrivo della minaccia e della sconfitta.

V. 3: “Il giorno del male” = “Il giorno di Yhwh”, i dirigenti non sono consapevoli della loro follia né dell’ingiustizia che fanno regnare. E questa ingiustizia che li condurrà ad essere sconfitti.

V. 4-6: questi versetti fanno vedere e condannano il lusso dei dirigenti. C’è una serie di sette verbi (si stendono, si sdraiano...) che termina con la frase “ma non si addolorano per la rovina di Giuseppe: i ricchi, i notabili sono indifferenti alla sorte del loro popolo (Giuseppe = Israele). Come se la sofferenza dei poveri non li toccasse. Nello stesso modo in cui Dio rifiuta le loro offerte (Am 5, 21-24) Dio esprime qui il suo disprezzo e la sua condanna del loro stile di vita.

V. 7: l’annuncio di castigo è conciso e diretto. I notabili della “prima” (v. 1) fra le nazioni continueranno ad essere i primi quando saranno prigionieri! L’esilio viene annunciato come fine dell’orgoglio e dell’arroganza.

Arroganza e orgoglio vengono condannati da un contemporaneo famoso di Amos, il profeta Isaia (per es. Is 2, 12). L’altro tema di Amos in questo detto è quello della condanna della ricchezza individuale accoppiata con l’indifferenza sociale. I ricchi vivono nell’opulenza senza nessuna consapevolezza del mondo accanto (né in quanto possibile minaccia politica, né in quanto mondo di ingiustizia prodotto dalla loro gestione/oppressione).

Il discorso sull’indifferenza all’altro rimane ovviamente molto attuale. Questa parola esorta non è un appello a fare dichiarazioni false sulla povertà ma a curare, a vestire, a nutrire gli indigenti (cf. Giacomo 2, 16). E’ un discorso mirato a scuotere un popolo ricco e arrogante, rendendolo consapevole della sua dipendenza da Dio, a svegliarlo dalla sua indifferenza e ad invitarlo a ripristinare la concordia all’interno della comunità umana.

 

Invio: tirare le somme a livello teologico (Am 8, 11-14)

«Ecco, vengono i giorni», dice il Signore, Dio, «in cui io manderò la fame nel paese, non fame di pane o sete d'acqua, ma la fame e la sete di ascoltare la parola del Signore.  12 Allora, vagando da un mare all'altro, dal settentrione al levante, correranno qua e là in cerca della parola del Signore, ma non la troveranno.  13 Quel giorno, le belle ragazze e i giovani verranno meno per la sete.  14 Cadranno e non si rialzeranno più quelli che giurano per il peccato di Samaria e dicono: "Com'è vero che il tuo Dio vive, o Dan", e: "Viva la via di Beer-Seba!"»

A partire da tutti questi testi penso che possiamo tentare una breve ripresa teologica. La lettura del libro del profeta Amos può avere due interpretazioni che sono anche collegate: la prima interpretazione è l’interpretazione classica che fa di Amos il profeta della giustizia sociale, il profeta “comunista”, se vogliamo parlare in termini politici. Non possiamo rifiutare questa interpretazione, o meglio questa attualizzazione del testo. La critica alla società e al suo modo di gestire relazioni, affari e politica esiste nella profezia di Amos.

Penso però che la seconda interpretazione, che chiamerei teologica o spirituale, sia più precisa e più completa. Ovviamente l’interpretazione spirituale non nega la critica sociale della profezia di Amos. Ma questa critica non è fine a se stessa ma è la conseguenza immediata di una rottura più profonda ancora: la rottura della relazione tra gli uomini e Dio. In altre parole, Dio non condanna i potenti perché sono potenti e oppressori ma li condanna perché questa loro oppressione è innanzitutto il segno della loro infedeltà e idolatria. Non sono più figli e figlie del popolo di Israele scelto da Dio ma vivono nell’illusione di essere diventati i propri maestri, i propri signori. La colpa, il peccato maggiore, non è l’oppressione, perché l’oppressione è conseguenza dell’idolatria, dell’infedeltà a Dio.

La minaccia di morte e di sterminio che Amos annuncia sul popolo infedele si accompagna ad una minaccia ancora più fondamentale: l’assenza di Dio, il rifiuto totale da parte di Dio di accettare un qualsiasi ravvedimento. E il brano con il quale vorrei concludere è proprio quello che inquieta di più e che nello stesso tempo parla della Parola di vita con un’intensità sconvolgente e rara.

La Parola di Dio ci fa vivere più di qualsiasi altra cosa, la Parola di Dio ci mantiene in vita, la Parola di Dio ricostituisce ciò che è stato distrutto ma se la Parola viene a mancare, il silenzio di Dio è ancora peggio della morte.

 

Alcuni elementi di bibliografia:

Walter BRUEGGEMANN, Introduzione all’Antico Testamento, Torino, Claudiana, 2005.

Eleonore BECK, Osea-Amos-Michea. Il sogno di Dio: un mondo umano, Assisi, Cittadella, 1989.

James LIMBURG, I dodici profeti, prima parte, Torino, Claudiana, 2005.

J. Alberto SOGGIN, Il profeta Amos, Brescia, Paideia, 1982.

Giorgio TOURN, Amos, profeta della giustizia, Torino, Claudiana, 1972.

 
 

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