Conclusioni

Abbiamo parlato dei metodi sincronici e abbiamo tralasciato, almeno per ora, i metodi diacronici. Ciò che si può ricavare con i metodi diacronici può essere trovato facilmente nei commentari. Per una seria pratica dei metodi diacronici, del resto, dalla critica testuale alla critica delle forme, dalla critica letteraria alla critica della traduzione è opportuno conoscere le lingue bibliche.

A questo punto del nostro lavoro abbiamo molti elementi sui quali fondare il nostro lavoro futuro:

  • la conoscenza della struttura del brano (analisi strutturale e narrativa)

  • ciò che abbiamo ricavato dall’analisi semantica (ambiti / campi e loro trasformazioni)

  • il quadrilatero semiotico

 

Verso l’ermeneutica…

Possiamo, tuttavia, trovare altri elementi dai quali trarre spunti di riflessione che possono essere utili. Torniamo al nostro passo.

Le espressioni vedere / incontrare / conoscere / seguire Gesù possono avere, nell’intenzione dell’autore, anche un senso “altro”: alludere a qualcosa che va oltre l’esperienza reale del protagonista (ammettendo che il fatto sia avvenuto e che le cose siano andate esattamente come l’evangelista ci racconta).

Parliamo di un senso che si fonda sullo spostamento, sull’attualizzazione, sulla possibilità di riconoscerci, in tutto o in parte, in Bartimeo e nella sua storia. È un senso che possiamo definire “teologico”.

Marco non ci vuole solo raccontare un altro miracolo di Gesù, il racconto ha una funzione “pedagogica”; in fondo è una predicazione in “forma narrativa”. La vicenda di Bartimeo, insomma, ha senso raccontarla solo nella misura in cui essa ha un valore anche per la comunità cui Marco si rivolge, e, in definitiva, nella misura in cui ha valore per noi. Marco, e gli evangelisti con lui, non vogliono fare storia, almeno nel senso che noi intendiamo.

Si può notare, poi, come non è stato individuato nell’analisi semantica e, pertanto, non è stato inserito nel quadrilatero semiotico, un ambito / campo relativo al credere/ non credere.

Il tema della fede non è assente, tutt’altro, ma il riferimento è implicito: non ci sono parole relative ad un ambito / campo relativo al credere/ non credere. La fede perciò, nel racconto, non è, né può essere, oggetto di trasformazione, è anzi, al contrario, il motore stesso della trasformazione: è per la sua fede che Bartimeo ottiene guarigione e salvezza. La fede lo porta a invocare Gesù, a gridare con tutte le sue forze; a dispetto della folla e del suo “non poter vedere” Gesù egli lo incontrerà, parlerà con lui, lo guarirà: “Va', la tua fede ti ha salvato”.

L’incontro segnerà la svolta: la guarigione si realizza nel vedere, la salvezza si realizza nel seguire Gesù.

Volendo ampliare la nostra riflessione sul tema della fede in questo passo, possiamo dire che la fede di Bartimeo, all’inizio, è cieca, va a tentoni, è in ricerca dell’incontro con Gesù, in una speranza che nasce dalla disperazione… Bartimeo ha sentito parlare di Gesù, lo invoca e Gesù lo ascolta, lo chiama a sé. Dopo l’incontro con Gesù, quella di Bartimeo, è una fede che vede chiaramente perché Gesù stesso gli ha aperto gli occhi: Bartimeo ora conosce colui in cui crede e la sua fede si concreta nella sequela.

Una riflessione come questa, possiamo condividerla, trovarla edificante, profonda, oppure no. Dobbiamo, tuttavia, riconoscere che non è qualcosa che sta nel testo, ma qualcosa che va al di là del testo. Prendendo l’avvio dal passo, vengono sviluppati elementi e spunti che nel testo sono presenti tutt’al più “in germe”: non è sbagliato, è importante, però, essere consapevoli di andare al di là del testo.

L’esegesi ha il compito di aiutarci a leggere il testo per quello che dice “in se stesso” evitando di vedere nella pagina biblica, come in uno specchio, noi stessi, le nostre idee, i nostri preconcetti: il testo nel suo contesto.

 
     
 

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