6. Qumran e il cristianesimo

 
 

L’ambiente messianico in cui è immersa una parte degli scritti di Qumran ha ampiamente favorito l’emergere di commentatori che, forzando il testo all’uopo, li mettevano in rapporto con gli albori del cristianesimo (Baigent, Eisenman). Il Maestro di Giustizia è stato di volta in volta identificato con Giovanni Battista (Mad. Thiering), con Giacomo Minore (Eisenman), o altri ancora. Oggi queste divagazioni sono cessate. Nessun personaggio del Nuovo Testamento è menzionato nei manoscritti, nessuno testo del Nuovo Testamento vi è stato trovato (il frammento 7Q5, presumibilmente dal Vangelo di Marco, non è conclusivo) e non può essere diversamente visto che la grande maggioranza di questi scritti risalgono ai primi due secoli a.C.

Resta il fatto che i primi cristiani avevano certamente partecipato al ribollire di idee che agitava la società ebraica all’epoca del secondo Tempio, di cui condividevano lo stesso quadro culturale e storico. Condividevano con gli adepti di Qumran una analoga prospettiva escatologica. I due gruppi credevano all’imminenza della fine dei tempi e organizzarono intorno a questo articolo di fede le loro credenze e le loro pratiche comunitarie. Non è quindi sorprendente che negli scritti di Qumran e nel Nuovo Testamento si trovino delle analogie sia nel vocabolario sia nelle pratiche rituali e comunitarie.

Analogie nel vocabolario:

Perfezione, Via, Cammino,

Spirito Santo,

Purificazione, Sporcizia (2 Cor 7,1)

Beatitudini (4Q 525, Mat 5,3-11)

Figli della Luce (Lc 16,8)

Luce e Tenebre (Vangelo e Lettere di Giovanni)

Non si trova invece nel Nuovo Testamento il termine “Figli delle Tenebre.”

 

Analogie nelle pratiche rituali e comunitarie:

Pasto sacro — Il sacerdote benedice il pane e il vino (1QS VI 2-8) (Regola della Comunità). Il sacerdote benedice il pane e il vino in presenza del Messia d’Israele (1QSa =1 Q28a) (Regola messianica), cf. Mat 26,26-29, Mc 14,22-25, Lc 21,4-23. Presso gli Esseni questo pasto ha un carattere rituale, mentre per i cristiani ha un carattere sacramentale che collega il pane e il vino al corpo e al sangue di Cristo. D’altra parte, presso gli Esseni le donne non sono ammesse a questo pasto, mentre lo sono presso i cristiani.

Battesimo, abluzione — Presso gli Esseni l’abluzione in un Miqveh si fa quotidianamente e possiede un carattere rituale. Presso i cristiani, invece, il battesimo ha un carattere sacramentale, viene amministrato da un terzo ed è legato alla remissione dei peccati. D’altronde, all’alba del cristianesimo i rituali battesimali erano molto diffusi in Palestina ed è quindi molto difficile trarre una qualsiasi conclusione dalle manifestazioni rituali di un solo gruppo.

Comunione dei beni — Presso gli Esseni, coloro che entravano nella comunità dovevano mettere i loro beni in fondo comune. Allo stesso modo, i primi cristiani mettevano i loro beni in comune (At 2,4-47; 4,32-37). Non si può trarre alcuna conclusione da questa analogia, dal momento che questa prassi era considerata un ideale in numerosi gruppi (per esempio i terapeuti in Egitto decritti da Filone).

Carità — Gli Esseni predicavano la carità verso i loro fratelli, ma auguravano un odio eterno ai figli della perdizione (1QS IX 21-22). Presso di loro non ci coglie nemmeno il minimo senso di perdono (4Q 286-287, Fram. 3, col. 2, linea 10). I cristiani, invece, predicavano la carità universale (Mat 5,43-44).

È evidente tutta la portata di queste analogie, ma anche i limiti: riti e pratiche descritti dai manoscritti di Qumran ricevono nel Nuovo Testamento una interpretazione del tutto diversa, mentre i termini utilizzati ricevono una nuova carica. A dispetto di tutte queste similitudini, sarebbe sbagliato sottoscrivere la frase di Ernest Renan secondo il quale il cristianesimo sarebbe un Essenismo realizzato.

 

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