Elementi di retorica biblica

di Luciano Zappella

 

1. La polifonia del testo: i motivi letterari

 

Negli ultimi decenni[1], nell’ambito dell’esegesi biblica si è verificato un importante cambiamento di paradigma: dal metodo storico-critico (il perché di un testo)[2] si è passati all’esegesi narrativa (il come di un testo)[3], dall’attenzione posta sull’autore all’attenzione posta sul lettore, dalla diacronia (il passato del testo, la sua storia) alla sincronia (il presente del testo, il testo così com’è).

Nessuno mette in discussione la grande importanza che ha avuto il metodo storico-critico. Esso ha contribuito in modo decisivo a desacralizzare il testo biblico, liberandolo dal letteralismo e dal dogmatismo ecclesiastico. Nessuno più pensa, per esempio, che la Tôrāh sia stata scritta da Mosè o che la Lettera gli Ebrei (che poi non è una lettera ma una predicazione) sia stata scritta da Paolo e che i vangeli siano una biografia di Gesù. Il problema principale è che la raffinatezza delle analisi è indirettamente proporzionale alla debolezza dei risultati[4].

 

Prima di prendere in considerazione gli stilemi tipici della retorica biblica, vale la pena dire qualcosa, più che sui generi[5], sui motivi letterari presenti nel testo biblico. Come succede in tanti testi letterari, anche nella Bibbia è possibile rintracciare un paradigma di base intorno a cui si organizzano i vari motivi letterari. Il modello può essere così schematizzato[6]:

 

Casella di testo: tragedia
Casella di testo: commedia
Casella di testo: romanzo
Casella di testo: antiromanzo

 

 

 

 

 

 

 

 

La parte sinistra indica un movimento verso il basso, dalla prosperità alla perdita (tragedia), la parte destra indica un movimento verso l’alto, dalla schiavitù alla prosperità (commedia)[7].

a. Nella sua struttura di fondo, la tragedia è la storia di una caduta. Al centro della vicenda c’è un singolo (l’eroe tragico), di elevato grado sociale, in funzione esemplare. La sua colpa, consapevole o meno, lo rende non solo responsabile, ma anche meritevole della propria caduta, tanto che la vicenda termina con la morte dell’eroe, nella sua funzione di capro espiatorio.

In ambito biblico, le vicende propriamente tragiche sono una continua variazione sul tema della disobbedienza a Dio. Fin dall’inizio (Genesi 3) c’è un racconto di “delitto e castigo”. Ugualmente tragica è la vicenda di Sansone (Giudici 13-16). Ma la tragedia per eccellenza è quella che vede coinvolto Saul (1 Samuele 13-31): il suo tentativo di consolidare la leadership fallisce miseramente[8].

Un caso particolare è rappresentato da Gesù. La vicenda che lo vede protagonista ha tutti i connotati del “tragico”, ma con una differenza fondamentale (e fondante): la sua non è la morte del colpevole (non è cioè un «capro espiatorio»), ma dell’innocente. Con la sua morte, Gesù rompe il meccanismo del «capro espiatorio» e smonta l’equazione sacro = violenza[9].

Bisogna tuttavia notare che nella Bibbia l’esito tragico è quasi sempre solo potenziale, tanto che si potrebbe parlare di «tragedie evitate»: a differenza dell’eroe greco, quello biblico riconosce i suoi limiti e accetta il perdono di Dio (esemplare da questo punto di vista la vicenda del peccato di Davide con Betsabea)[10].

 

b. Ciò spiega perché la forma narrativa per eccellenza della Bibbia è la commedia. Mentre la tragedia è la storia di una caduta, la commedia è la storia di un lieto fine, che si raggiunge dopo aver superato una serie più o meno complessa di ostacoli. Mentre la conclusione della tragedia è la morte o la menomazione fisica dell’eroe, la conclusione della commedia è un matrimonio, una festa o un trionfo. Si può quindi dire che al commedia abbia una tipica struttura a U.

Un tipico esempio di struttura a U della commedia è la vicenda di Rut: dalla situazione iniziale (la morte del marito, figlio di Noemi), si passa attraverso l’ostacolo (Boaz non può sposare Rut), per giungere al matrimonio e alla nascita del figlio Obed[11].

Anche nel racconto popolare di Ester ci sono tutti gli ingredienti della trama «comica»: una bella donna, l’amore “romantico”, intrighi e congiure, banchetti, un harem (sembra di leggere una favola de Le mille e una notte). Alla congiura di Aman della prima parte fa seguito la controcongiura organizzata da Ester e Mardocheo (suo padre adottivo) nella seconda parte.[12].

Analogamente «comici» sono che i racconti relativi alla promessa di un figlio da parte di Abramo e Sara, la saga di Giuseppe, nonché la parabola del figlio prodigo. Ma, a ben guardare, anche le storie di Giobbe e di Gesù sono anch’esse racconti con un lieto fine, nonostante la parte consistente di tragedia e sofferenza che li caratterizza.

La cosa interessante è che la struttura «comica» caratterizza la struttura stessa della Bibbia: si comincia con l’eden, immagine di un mondo perfetto abitato da persone perfette; si scade nella disperazione dell’umanità soggetta al peccato e si conclude con un nuovo mondo di totale felicità e vittoria sul male. Il libro dell’Apocalisse è la storia del lieto fine per eccellenza, in cui un eroe conquistatore sconfigge il male (Satana), si sposa (le nozze dell’Agnello) e poi vive felice per sempre in un palazzo risplendente di gioielli (la nuova Gerusalemme).

 

 

2. La scrittura del testo: la retorica biblica

 

Una delle acquisizioni più importanti del cambiamento di paradigma di cui si è parlato sopra è stata di mettere in luce che:

a. i testi biblici non sono semplicemente l’esito di un montaggio (la redazione), ma sono composti e composti bene; se la prima impressione è quella di essere di fronte a testi ripetitivi, frammentari, a volte anche confusi, è perché ci si accosta ai testi con una precomprensione che potremmo definire “occidentale”, mentre ci vorrebbe un approccio “semitico”;

b. bisogna fidarsi dei testi così come sono, senza smontarli in mille pezzi;

c. esiste una retorica specificamente biblica, che riguarda non soltanto l’Antico/Primo Testamento (in questo caso si parlerebbe di una retorica ebraica), ma anche al Nuovo, i cui scrittori, anche se scrivono in greco, sono stati anche attenti lettori della Scrittura ebraica assumendone gli stilemi. Spesso si tende a pensare che gli scrittori biblici siano rozzi e poco raffinati, ma questo dipende dalla pigrizia mentale di chi è convinto che esista un solo modello retorico (quello greco-latino).

La caratteristica fondamentale della retorica biblica (e della lingua ebraica) è la concretezza. Del resto, si sa: il Greco dimostra, l’Ebreo mostra, il Greco fa affermazioni, l’Ebreo fa domande. La retorica classica sviluppa un ragionamento astratto, mentre la retorica biblica parte dalla concretezza dell’esistenza.

Come suggerisce R. Meynet[13], le tre risorse tipiche della retorica biblica sono: a. la binarietà e il parallelismo; b. la prevalenza della paratassi; c. la sintassi simmetrica e concentrica.

 

a. la binarietà e il parallelismo

Sono tipiche della lingua ebraica espressioni del tipo: «morire tu morirai» (môt tāmût: Gen 2,17) per «tu certamente morirai», oppure «se ascoltare tu ascolterai» (’im šāmôa‘ tišma‘: Es 15,26) per «se ascolterai veramente»[14]; espressioni come «il cielo e la terra» (Sal 115,15) per indicare la «totalità dello spazio» oppure «piccoli e grandi» per indicare «tutti» oppure «il giorno e la notte» (Sal 1,2) per indicare «sempre». A livello testuale, sia in prosa sia in poesia, ciò dà vita al fenomeno della binarietà e del parallelismo[15].

Deuteronomio 28,1-6: 1Ora dunque se ascoltare tu ascolterai la voce del Signore tuo Dio per conservare per fare tutti questi comandamenti che io ti comando oggi, il Signore tuo Dio ti innalzerà al di sopra di tutte le nazioni della terra. 2Verranno su di te tutte le benedizioni che ecco ti attendono perché tu avrai obbedito alla voce del Signore tuo Dio. 3Sarai benedetto nella città e sarai benedetto nella campagna. 4Benedetti saranno il frutto delle tue viscere, il frutto del tuo suolo, il frutto del tuo bestiame, il parto delle tue mucche e la crescita delle tue pecore. 5Benedetti saranno il tuo paniere e la tua madia. 6Benedette saranno le tue entrate e benedette saranno le tue uscite.

 

In questo esempio, tratto dal Salmo 114,3-6, si nota come la binarietà venga raddoppiata:

+ Il-mare                    vide                             e-si-ritrasse

+ il-Giordano             si-volse                         indietro

. i-monti                 saltellarono            come-arieti

. le-colline                                                come agnelli

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+ Cos’hai tu,               mare                            per fuggire

+ Giordano                 per-volgerti               indietro

. monti                   per saltellare          come-arieti

. colline                                                    come agnelli?

La binarietà non riguarda soltanto alcuni passi, ma si ritrova sia all’interno dello stesso testo (i due racconti della creazione di Gen 1-2; i due sogni di Giuseppe di Gen 40-41; diversi Salmi che sono testi gemelli[16]) sia tra vari testi (il doppio decalogo di Es 20 e Deut 5; i due racconti della nascita in Mt e Lc, come pure le due versioni delle Beatitudini e del Padre Nostro). La binarietà è strettamente legata al fenomeno della ri-scrittura di cui parleremo più avanti.

 

b. la prevalenza della paratassi

A differenza della sintassi greco-latina in cui prevale l’ipotassi, quella biblica preferisce la paratassi. Sembrerebbe che questa modalità sia una rinuncia ai nessi logici. In realtà anche questo stilema risponde alla logica della lingua ebraica che non subordina, ma giustappone.

 

c. la sintassi simmetrica e concentrica

Anche qui si nota la differenza fondamentale tra la retorica greco-latina e quella biblica: nella prima, in genere, si sviluppa un’argomentazione lineare, fatta di premesse, sviluppo e conclusione; nella seconda invece c’è una forma circolare (o involutiva) che ruota intorno ad un perno. In particolare, la retorica ebraica ama molto la simmetria, la quale non è altro che la trascrizione letteraria dell’antropomorfismo fondamentale: mano sinistra e destra. Tale disposizione dà vita al:

parallelismo simmetrico: gli elementi sono ripresi nello stesso ordine:  A B C D | A’ B’ C’ D’.

parallelismo concentrico: gli elementi sono ripresi in ordine rovesciato: A B C D | x | D’ C’ B’ A’

 

Esempi di parallelismo simmetrico:

 

Salmo 113,1                           LODATE          servi         DI-YHWH

                                               LODATE          il-nome      DI-YHWH

 

Luca 1,42                               BENEDETTA    tu            tra le       donne

                                               e BENEDETTO  il frutto   del tuo   seno

 

Proverbi  20,29                      L’eleganza      DEI-GIOVANI                il-loro-vigore

                                               e l’ornamento  DEI-VECCHI       la-(testa)-canuta

 

Il parallelismo concentrico si vede a livello di singole frasi, come si può vedere da questi esempi:

– Isaia 6,10: «Rendi insensibile il cuore di questo popolo, rendigli duri gli orecchi, e chiudigli gli occhi, in modo che non veda con i suoi occhi, non oda con i suoi orecchi, non intenda con il cuore, non si converta e non sia guarito!»

 

a    Ingrassa il        CUORE           di questo popolo

b e i suoi         ORECCHI       appesantisci-li

c e i suoi    occhi              acceca-li

 

c’ che con i suoi occhi     non veda

b’ e con i suoi             ORECCHI       non senta

a’ col suo                        CUORE           non comprenda

 

– Salmo 113,2-3: «Sia benedetto il nome del Signore, ora e sempre! Dal sol levante fino al ponente sia lodato il nome del Signore.»

a   Sia IL NOME DI YHWH

b  benedetto

c    da  ora             fino a        sempre

c’  dal levante del sole fino al    suo tramonto

b’ lodato

a’       IL NOME DI YHWH

 

Salmo 67[17]

1Dio abbia pietà di noi e ci benedica, faccia brillare il suo volto su di noi,

2affinché sia nota su la terra la tua strada, presso tutti i pagani la tua salvezza.

3Ti rendano grazie i popoli, Dio! Ti rendano grazie i popoli, tutti!

4giubilino

e cantino           perché tu governi i popoli con rettitudine e le nazioni sulla terra tu le conduci

le nazioni

5Ti rendano grazie i popoli, Dio! Ti rendano grazie i popoli, tutti!

6La terra ha dato il suo frutto: ci benedice Dio nostro Dio

7Ci benedice Dio e lo temono tutti i lontani della terra.

 

– Giovanni 1,1

a all’inizio

b ERA

c    IL VERBO

c’  e IL VERBO

b’ ERA

a’ presso Dio

 

Ma anche a livello di sezioni più ampie:

 

Luca 18,31-19,45

A PROFEZIA                               18,31-34        (terzo preannuncio della passione)

B narrazione                           18,35-43         (guarigione di un cieco)

C narrazione                    19,1-10            (conversione di Zaccheo)

PARABOLA          19,11-28         (parabola delle dieci mine)

C’ narrazione                   19,29-36          (ingresso trionfale a Gerusalemme)

B’ narrazione                         19,37-40          (Gesù acclamato dai discepoli)

A’ PROFEZIA                              19,41-45        (profezia su Gerusalemme)

 

L’intera struttura della Tôrâ risponde agli stessi criteri[18].

1) ‘ĕlōhîm (אֱלֹהִים) e l’umanità (Gn 1,1-11,26)

2) ‘el-Šaddaj (אֵל שַׁדָּי) e i padri (Gn 11, 27-50,26)

3) jhwh (יְהוָה) e il popolo (Es-Dt):

A. prologo: nascita di Mosè (Es 1,1-2,25); rivelazione a Mosè (Es 3,1-7,7)

B. l’uscita dall'Egitto (Es 7,8-15,21) (narrazione con  alcune leggi: pasqua e primogeniti)

C. il cammino nel deserto (Es 15,22-18,27) (manna e quaglie - istituzione dei giudici)

D. l’alleanza del Sinai (Es 19,1-24,11) (decalogo e «codice dell’alleanza»)

E. leggi sul santuario (Es 24,12-31,18) (sempre al Sinai)

Peccato - castigo - perdono - nuova alleanza (Es 32-34)

(«decalogo cultuale»)

E'. costruzione del santuario (Es 35-40) (sempre al Sinai)

D'. leggi (Lev - Num 1-10) [sui sacrifici (Lev 1-7), sacerdoti (8-10), purità (11-16), «codice di santità» (17-26); varie (Le 27 - Num 1-10)

C'. il cammino nel deserto (Num 11-12) (manna e quaglie - istituzione dei profeti)

B'. i primi approcci alla terra (Num 13-36) (con alcune leggi: sacrifici, sacerdoti, feste, leviti)

Deuteronomio (Deut 1-30)

A'. epilogo: morte di Mosè (Deut 31-34)

 

Nel racconto dell’esodo, il nucleo centrale è il momento sinaitico, il momento in cui Israele e Adonaj rivelano la propria identità (Es 34,6-7 è la “carta di identità” di Adonaj[19]). Tutto intorno ci sono le leggi. Il libro del Deuteronomio è il punto sorgivo di tutta la tradizione: dal punto di vista letterario è la ricapitolazione della narrazione della Tôrâ; dal punto di vista storico-genetico è la fonte da cui deriva tutta la narrazione.

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Aletti J.-N. – Gilbert M. – Ska J.-L. – de Vulpillières S., Lessico ragionato dell’esegesi biblica. Le parole, gli approcci, gli autori, Queriniana, Brescia 2006.

Alter R., L’arte della narrativa biblica, Queriniana, Brescia 1990.

Marguerat D. Bourquin Y., Per leggere i racconti biblici. Iniziazione all’analisi narrativa, Borla,

Roma 2001.

Meynet R., L’analisi retorica, Queriniana, Brescia 1992.

––, Leggere la Bibbia. Un’introduzione all’esegesi, EDB, Bologna 2004.

Ryken L. – Wilhoit J.C. – Longman T. (edd.), Le immagini della Bibbia: simboli, figure retoriche e temi letterari della Bibbia, (ed. it. a cura di M. Zappella), San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2006.

Simian-Yofre H. (a cura), Metodologia dell’Antico Testamento, EDB, Bologna 1995.

 


[1] Ma si veda l’opera pionieristica di Robert Lowth, De sacra poesi Hebraeorum praelectiones academicae Oxonii habitae, Oxonii 1753. Sui precursori della analisi retorica, cfr. Meynet, L’analisi retorica, pp. 21-39.

[2] I metodi storico-critici di tipo diacronico puntano l’attenzione sul testo e la sua genesi. Essi sono: la critica della costituzione del testo (Literarkritik), la critica della redazione (Redationkritik), la critica della trasmissione (Überlieferungskritik), la critica della forma (Formkritik), la critica genere letterario (Gattungkritik), la critica delle tradizioni (Traditionktitik). Cfr. Simian-Yofre, Metodologia, pp. 79-137 e Aletti, Lessico, pp. 39-69.

[3] I metodi di tipo sincronico puntano l’attenzione sul lettore e sulla ricezione del testo: i metodi strutturalisti (semiotica) analizzano la struttura del testo; l’analisi narrativa (narratologia) punta sulla lettura del testo; l’analisi ermeneutica si focalizza sull’intenzione del testo. Cfr. H. Simian-Yofre, Metodologia, pp. 137-195 e Aletti, Lessico, pp. 71-115.

[4] «Il teologo tedesco Ernst Fuchs, per illustrare il rischio che vede l’esegeta spiegare il testo ma non essere in grado di comprenderne il significato per l’oggi, paragona la scienza biblica a un veterinario che cominciasse con l’uccisione della mucca per poter dire di cosa soffre» (Y. Redalié, Lo studio della Bibbia: quali approcci?, in: G. Platone [a cura], La Bibbia e l’Italia, Claudiana, Torino 2004, p. 82).

[5] Non è possibile in questa sede prendere in considerazione nel dettaglio tutti i generi letterari presenti nella Bibbia. In estrema sintesi, per quanto riguarda il Primo Testamento, propongo questo schema: a. i generi della Tôrâ: racconti eziologici, saghe patriarcali, racconti “storici”, raccolte profetiche; b. i generi della profezia: arringa profetica (rîb), l’oracolo profetico; c. i generi della sapienza: il dramma (Giobbe), il trattato (Qohelet), il poema d’amore (Cantico dei cantici). Per quanto concerne il Nuovo Testamento, i tre generi principali (narrazione, il genere epistolare e l’apocalittico) si articolano i veri sottogeneri. Nei Vangeli compaiono parabole, dispute, detti profetici e sapienziali, sentenze, racconti di miracoli, racconti della passione; nelle Epistole si incontrano inni, confessioni di fede, cataloghi di vizi e virtù, precetti per la famiglia, formule di fede, dossologie; negli Atti degli Apostoli abbiamo discorsi, sommari, preghiere, lettere, racconti di missione, racconti di viaggi.

[6] Lo schema e buona parte di questa sezione sono ripresi da Ryken, Immagini bibliche, alle voci «motivi letterari», «commedia, come motivo letterario» e «tragedia, come motivo letterario».

[7] I due termini (tragedia e commedia) vengono qui usati per indicare non tanto lo specifico genere drammatico, ma i due schemi narrativi fondamentali.

[8] Se ne veda la splendida rilettura operata da Vittorio Alfieri.

[9] Cfr. R. Girard, La violenza e il sacro, Adelphi, Milano 1980 (or. francese: La violence et le sacré, Grasset, Paris 1972) e più recentemente G. Fornari, Da Dioniso a Cristo. Conoscenza e sacrificio nel mondo greco e nella civiltà occidentale, Marietti, Torino 2006.

[10] «Il mondo della tragedia letteraria è un mondo chiuso, senza possibilità di scampo dopo che l’eroe ha commesso il suo tragico errore. Il mondo della religione biblica invece è sempre aperto al perdono di Dio, anche dopo che è stato commesso un tragico errore. La Bibbia si preoccupa della ribellione umana, ma anche del potenziale di redenzione sotteso alla tragedia. E ciò supera la tragedia stessa» (Ryken, Immagini bibliche, s.v. «tragedia, come motivo letterario»).

[11] Il libro termina con una genealogia (Rut 4, 17.20) che fa di Rut una delle antenate di Davide e quindi del Messia.

[12] Non a caso, il libro termina con queste parole: «Mardocheo scrisse queste cose e mandò delle lettere a tutti i Giudei che erano in tutte le province del re Assuero, vicini e lontani, ordinando loro di celebrare ogni anno i giorni quattordici e quindici del mese di Adar, come i giorni nei quali i Giudei ebbero riposo dagli attacchi dei loro nemici e il mese in cui il loro dolore venne mutato in gioia, il loro lutto in festa, e di fare di questi giorni, giorni di banchetti e di gioia, nei quali gli uni mandassero regali agli altri e si facessero doni ai bisognosi» (Ester 9,20-22). È questa, come noto, l’origine della festa dei Purim, una sorta di corrispondente ebraico del Carnevale.

[13] Meynet, Leggere la Bibbia, pp. 77-103 e 128-132. Ma si veda anche Alter, L’arte della narrativa biblica, Marguerat Bourquin, Per leggere i racconti biblici e Ryken, Immagini bibliche, s.v. «Figure retoriche».

[14] Si tratta dell’infinito assoluto, detto anche «accusativo dell’oggetto interno».

[15] Cfr. R. Meynet, «La binarité, caractéristique essentielle du langage biblique», in Studia Rhetorica (2006), pp. 1-8.

[16] Cfr. i Salmi 50 e 51: il primo un’accusa di Dio al popolo, il secondo la confessione dei peccati; oppure i Salmi 111 e 112, caratterizzati dallo stesso numero di versetti e dal fatto di essere entrambi acrostici dell’alfabeto ebraico (ovviamente, tutto ciò si coglie soltanto nel testo originale).

[17] In Meynet, L’analisi retorica, p. 41. Si noti come il testo riproduca la menorah, il candelabro a sette braccia di cui parla Esodo 25,31-40 (= Esodo 37,17-24).

[18] Riprendo lo schema da Borgonovo, Primo Testamento, in: Manzi, AsSaggi biblici, pp. 84-85.

[19] Il Signore passò davanti a lui, e gridò: «Il Signore! il Signore! il Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in bontà e fedeltà, che conserva la sua bontà fino alla millesima generazione, che perdona l'iniquità, la trasgressione e il peccato ma non terrà il colpevole per innocente; che punisce l'iniquità dei padri sopra i figli e sopra i figli dei figli, fino alla terza e alla quarta generazione!».