La pergamena
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Introduzione Nel II secolo a.C., la biblioteca di Pergamo rivaleggiava con quella di Alessandria. Secondo Plinio, la pergamena (da pergamena, "pelle di Pergamo") vi sarebbe stata inventata per sostituire il papiro, allorché Tolomeo Epifane ne proibì l'importazione verso questa città dell'Asia Minore (attuale Turchia). La pelle conciata era già usata da tempo per diversi usi, tra cui la scrittura: si scriveva sul lato liscio del cuoio (la facciata esterna). La pergamena è probabilmente il risultato del lento miglioramento di una tecnica che abbandona a poco a poco la conciatura.
Strumenti di scrittura Calami: canne dall'estremità quadrata o appuntita, spesso tagliata. Penne d'oca, temperino per smussarle (a partire dal XI secolo) Raschietto, regolo e stiletto o mina di piombo, per tracciare la rigatura Corno da inchiostro, calamaio La superficie perfettamente liscia della pergamena richiede uno strumento sottile. La penna (più frequentemente di oca) s’adatta perfettamente e consente ai copisti di sperimentare delle grafie successive, che fanno evolvere la scrittura.
L'evoluzione Il termine latino codex deriva da caudex (ceppo, tronco di albero) e significa, per metonimia, "tavoletta per scrivere": l’etimologia conserva così la traccia di ciò che il passaggio dal volumen al codex, che si verifica lentamente tra il I secolo e la fine del IV, determinò allorché i Romani, che utilizzavano delle tavolette di legno ricoperte di cera per gli scritti della vita quotidiana, legarono insieme diverse tavolette (circa una decina) tramite un foglio o delle corregge di pergamena incollate sul bordo maggiore. Il rotolo di papiro e poi di pergamena resistette a lungo a Roma come supporto nobile delle opere letterarie, ma si usavano le tavolette per risparmiare la pergamena, in diverse situazioni in cui ciò si rivelava più comodo: minute, note veloci, ecc… Il codice si rivelò da subito più economico poiché si poteva scrivere sulle due facciate del foglio di pergamena: ancora nel VI secolo, Gregorio Magno, papa dal 590 al 604, sosteneva di aver fatto stare in sei codici un'opera che occupava trentacinque rotoli! La lentezza di questa evoluzione si spiega in parte con i cambiamenti che dovettero operare i copisti nelle loro abitudini circa la loro posizione e le loro tecniche di scrittura dal momento che non dovevano più svolgere i loro rotoli. Per quanto lenta, l'evoluzione era irreversibile: nel V secolo, in tutta Europa, i testi religiosi e giuridici come pure le opere letterarie venivano copiate sul recto e sul verso su fogli di pergamena piegati e raccolti in quaderni. Il codice, infatti, non soltanto conteneva più testi ma occupava anche molto meno spazio nelle biblioteche. Per il lettore, esso facilitava i ritorni all'indietro e procurava questo piacere tutto particolare di girare le pagine. Inoltre il codice consentì un'organizzazione razionale del testo: impaginazione, divisione in capitoli, indice degli argomenti, ecc. Diventò facile chiosare, pratica scolastica per antonomasia, e prendere note, mentre con il rotolo, che richiede di essere tenuto con due mani, era impossibile per la stessa persona leggere e al tempo stesso svolgere la pergamena. Il Medioevo, però, non abbandonò del tutto la forma del rotolo: si vide infatti svilupparsi il rotulus, sul quale il testo non era più copiato parallelamente al lato maggiore della striscia di pergamena, ma perpendicolarmente: questa forma consentiva in particolare di tracciare delle liste, come attestato dai termini "arruolamento" (di soldati), "controllori" e anche "ruolo", visto che le opere teatrali erano spesso copiate su questo tipo di rotolo. Più tardi, grazie agli stampatori, artefici di un'altra rivoluzione capitale nella storia della scrittura, il codice si appresta a diventare libro.
Vantaggi
Svantaggi
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© Luciano Zappella