Rotolo in papiro (tratto da Edoardo Crisci, I più antichi manoscritti greci della Bibbia. Fattori materiali, bibliologici, grafici, in: Forme e modelli della tradizione manoscritta della Bibbia, a cura di Paolo Cherubini (Littera Antiqua, 13), Città del Vaticano 2005, pp. 1-31)
|
||
Per illustrare gli sviluppi del testo del Nuovo Testamento dagli inizi alla piena manifestazione del nuovo modello librario cristiano (IV sec) bisogna tenere presente che: - la prima circolazione del messaggio cristiano è prevalentemente orale; - le prime comunità erano composte in maggioranza di semianalfabeti, sprovvisti di cultura grafica; - l’esigenza della scrittura sorge per funzioni pratiche e per la necessità di fissare le tradizioni nel momento in cui scompariva la generazione di testimoni diretti e autorevoli. È interessante la testimonianza della Seconda Lettera a Timoteo (4.13) dove si dice: «Quando verrai, porta con te il mantello che ho lasciato a Troade, presso Carpo, e i libri (ta biblia), soprattutto le pergamene (taj membranaj)». ta biblia: si riferisce probabilmente ai libri in forma di codice su papiro, mentre sul taj membranaj si è molto discusso. Due sono le ipotesi principali: - si tratta di “appunti” (notebooks), cioè di foglietti di pergamena raccolti insieme, con testi di lavoro, analoghi ai quadernetti di tavolette cerate legati assieme e la cui esistenza è attestata nel mondo antico (cfr. H. Roberts – T.C. Skeat, The Birth of the Codex, Oxford University Press, Londra 1983). Quintiliano, in Institutiones oratoriae X,31-32 afferma che scrivere su cera è molto pratico e comodo, a meno che si abbiano problemi di vista, nel qual caso «membranarum potius usum exiget» (si richiede l’uso delle pergamene). Segue un’interessante annotazione: è opportuno lasciare qualche pagina bianca per aggiunte e interventi successivi («Relinquaendae ... erunt vacuae tabellae, in quibus libera adiciendi sit excursio»), il che fa pensare a uno strumento di lavoro. - il termine si riferisce a veri e propri libri in forma di codice. Secondo T.C. Skeat (Especially the Parchments: A Note on 2 Timothy IV.13, JThS 30 [1979] 173-177), málista, nel passo, non distingue ma equipara biblía e membránai, venendo a essere quasi una specificazione particolare del più generale biblía («i libri – intendo i libri in pergamena »): resta da sapere perché l’autore della lettera avrebbe introdotto questa precisazione. |
||
© Luciano Zappella