6. LE NOVE E LE SCRITTURE ANTICHE

 

La contaminatio Isaia - Apocalisse, dove la seconda rende «più digesta» la «revelazion» della prima, attua la preziosa indicazione di Beatrice nel Cielo della Luna

 

Avete il novo e ‘l vecchio Testamento,

e ‘l pastor de la Chiesa che vi guida:

questo vi basti a vostro salvamento (Pa V 76-78).

 

L’inversione della successione temporale dei due Testamenti è chiave di lettura degli stessi. L’anteriorità della Scrittura veterotestamentaria non è da prendere alla lettera: «littera enim occidit, Spiritus autem vivificat» (2Cor 3,6).

La Scrittura, da Genesi all’Apocalisse, è un unicum che si dispiega nel Paradiso terrestre sotto la fiamma del «bello arnese», il candelabro dalle sette luci, che accompagna “ventiquattro seniori”,  “quattro animali”, “due vecchi in abito dispari”, “quattro in umile paruta

e di retro da tutti un vecchio solo

con la faccia arguta (Purg XXIX, 143-144).

 

Centro della processione è

 

un carro, in su due rote, triunfale,

ch’al collo d’un grifon tirato venne (Purg XXIX, 107-108).

 

La nuova contaminatio, Is 11,1-2 e Ap 4,4-5, si esprime nell’ardita forma di una processione liturgica, che subordina lo schema allegorico al senso generale del messaggio che il poeta medievale intende comunicare: principio ermeneutico della Bibbia è il «grifon»; in Cristo viene abolito «velamen in lectione veteris testamenti; Dominus autem Spiritus est» (2Cor  3, 14.17).

Nell’evento di Cristo, si legge il senso della storia, che è storia di salvezza, che poco ha da spartire con la concettualità greca. La lettura figurale dell’Antico Testamento (e dell’antichità classica) spazza via la lettura allegorica e scopre nella scrittura simbolico-narrativa la fondamentale storicità della vita dell’uomo, l’immanenza di Dio nella realtà del mondo.

La storia testimonia un evento che la fonda in quanto la trascende. La verità della storia non si esaurisce nell’orizzonte temporale, che tuttavia la istituisce; la storia è realtà e promessa, è cammino di speranza, è esilio, come Dante sa per esperienza.

 

La Chiesa militante alcun figliuolo

non ha con più speranza......

però li è conceduto che d’Egitto

vegna in Ierusalemme per vedere,

anzi che ‘l militar li sia prescritto (Pa  XXV, 52-56)

 

afferma Beatrice nel canto della speranza.

  

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