Bach e la Bibbia: tre questioni

   
 
 
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di Raffaele Mellace
 
[© per gentile concessione di: Parola & parole, anno VI, giugno 2008,
numero 11, pp. 23-32]
 
     
 
 
1. Introduzione: alcune coordinate culturali
Per Johann Sebastian Bach le Scritture hanno rappresentato, diret­tamente o indirettamente, l'interlocutore verbale primario dell'attività creativa. Il monumentale corpus bachiano di musica vocale – la cui consistenza corrisponde a 524 dei 1121 numeri complessivi del Bach­ Werke Verzeichnis (bwv) – è costituito nella quasi totalità di opere di genere sacro. Il rapporto tra Bach e la Bibbia merita dunque un'indagine, a cominciare dalla pluralità di livelli in cui tale relazione si sviluppa: una ricchezza di approcci motivata dalla molteplicità di mediazioni e di funzioni liturgiche e devozionali imposte dagli usi ambientali coevi e risultanti a loro volta nella ricchezza prodigiosa di atteggiamenti con cui il compositore si rapporta in termini continuamente rinnovati alla Parola. Nelle pagine che seguono s'intende semplicemente esibire tre modalità attraverso cui il testo sacro è tradotto da Bach in testo musicale, concentrandosi su un piccola serie di esempi tratti da una porzione ben individuata della posizione bachiana.
Il campione prescelto corrisponde in particolare ai due generi in cui più stretto è il rapporto con le Scritture: la cantata e la passione. Al fine di evitare la dispersione in una varietà troppo accentuata di occasioni compositive, gli esempi tratti dalle cantate si riferiscono tutti all'inizio dell'anno liturgico, ovvero alla stagione dell'Avvento. A contrasto e compensazione verrà considerata una passione, naturalmente pertinente alla Settimana santa. Ciò che ci si propone è dunque verificare da presso questo "corpo a corpo" tra musica (bachiana) e parola (divina), al fine di apprezzare alcune dinamiche di tale relazione, che conta tra le più ricche di significato della storia della musica occidentale.
A introduzione di questo piccolo esercizio analitico, che potrà essere utilmente confortato dall'ascolto personale della musica citata, tutta facilmente reperibile in registrazione, occorre richiamare brevemente le coordinate culturali in cui il confronto Bach-Bibbia si situa. Il com­positore, formatosi nell'ambito della Spätorthodoxie del luteranesimo coevo, ed esposto all'influsso della corrente pietista, profuse molte delle sue energie nell'organizzazione, composizione e direzione di musica sacra in ogni tappa della sua carriera (tranne che alla Corte calvinista di Cöthen), soprattutto durante il servizio come Konzertmeister a Weimar e Thomaskantor a Lipsia. Proprio a quest'ultima stazione della vicenda professionale e umana bachiana risalgono la gran parte delle cantate e tutte le opere maggiori, dalle passioni all'Oratoriodi Natale, alla Messa in Si minore.
In tempi più recenti, archiviato il dibattito, ideologico ancor prima che musicologico, che vedeva contrapposte le immagini di un Bach "quin­to evangelista" e quella opposta di un cinico funzionario indifferente al problema religioso, la ricerca ha approfondito in misura assai rilevante le implicazioni teologiche della produzione bachiana, mettendo a disposi­zione una bibliografia di altissimo livello, che indaga accuratamente ogni risvolto del rapporto tra la musica bachiana e i testi (biblici, innodici, devozionali) che quella musica intona.
La più recente e cospicua di queste imprese consiste nei tre volumi del Bach-Kommentar. Theologisch-musikwissenschaftliche Kommentierung der geistlichen Vokalwerke Johann Sebastian Bachs, a firma di Martin Petzoldt, professore di Teologia sistematica all'Università di Lipsia, pre­sidente della Neue Bachgesellschaft, già curatore nel 1985 della miscel­lanea Bach als Ausleger der Bibel (Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht; Berlin, Evangelische Verlagsanstalt) e parroco di quella Thomaskirche che, con la poco distante Nikolaikirche, rappresentò il palcoscenico per il quale nacque la produzione sacra di Bach nel lungo periodo di Lipsia. Apparsi i primi due volumi (Stuttgart - Kassel, Internationale Bachakademie - Bärenreiter, 2004-2007, per un totale di oltre 1800 pagine di grande formato) dedicati alle cantate, è in uscita il terzo, che copre le altre composizioni sacre.
Al di là della qualità della pubblicistica odierna, anche la conoscen­za, ormai acquisita da decenni, della biblioteca teologica personale del compositore, ricca di oltre cinquanta volumi, ci permette di verificare qualsiasi ipotesi circa letture e fonti del compositore. Ai nostri fini risulta particolarmente importante la presenza tra quei volumi della Deutsche Bibel di Abraham Calov (Wittenberg, 1681-82),un commento alle Scritture corredato da glosse autografe del compositore, e di un secon­do, monumentale commentario firmato da Johann Olearius: la Biblische Erklärung apparsa in cinque volumi a Lipsia tra il 1678 e l’81 (per una sintetica ricognizione sul tema mi permetto di rimandare al mio Johann Sebastian Bach (1685-1750). Elementi di una teologia in musica, in «Rivista Teologica di Lugano», V (2000), 3, 395-406. Cfr. altresì una mia recensione dell'opera di Petzoldt in «Il Saggiatore musicale», XIII (2/2006), 436-438).
 
2. La Bibbia come cuore della predicazione (musicale)
Inauguriamo questo breve percorso dalla più antica cantata bachia­na destinata all'apertura dell'anno liturgico, dal titolo di Nun komm, der Heiden Heiland (I), n. 61nello storico Bach-Werke Verzeichnis, A 1 nel più recente Bach-Compendium,eseguita per la prima volta nella Cappella della Corte di Weimar il 12 dicembre 1714. Il libretto intonato da Bach è tratto dalla quarta annata di cantate, allora ancora fresca d'inchiostro, di Erdmann Neumeister, le Geistliche Poesien mit unter­mischten Biblischen Sprüchen und Choralen auf alle Sonn- und Festtage, pubblicata a Francoforte in quel medesimo 1714 e destinata alla penna di Georg Philipp Telemann, che nelle stesse settimane della cantata di Bach definiva il letterato «il più celebre e unico buon poeta di soggetti religiosi».
Il compositore si trova a fronteggiare un testo devozionale di co­siddetta forma mista, composto da tre ingredienti testuali (la citazione biblica, il corale e la poesia moderna) e strutturato secondo un impianto teologico chiaro e incisivo. Neumeister, che sul tema dell'Avvento aveva pubblicato un trattato allora celebre, Christlicher Unterricht wie die h. Adventszeit, das h. Christ-Fest und das Neue Jahr gotgefällig zu fei­ren sey,sviluppa un discorso ermeneutico denso, articolato e al tempo stesso di immediata comprensione, calandolo nelle forme poetiche a sua disposizione secondo uno schema che corrisponde con chiarezza all'organizzazione musicale della cantata(sull'interpretazione dell'impianto teologico-musicale della cantata cfr. Eric Chafe, Tonal Allegory in the Vocal Music of J. S. Bach, University of California Press, Berkeley 1991, p.142ss e Id., Analyzing Bach Cantatas, Oxford University Press, New York 2000, pp. 6.17-19.242):
· Avvento di Cristo nella carne (Incarnazione): n. 1 Coro e n. 2 Recitativo
· Avvento di Cristo rispetto alla Chiesa (in spirito): n. 3 Aria
· Avvento di Cristo rispetto al credente (nella fede): n. 4 Recitativo e n. 5 Aria
· Avvento definitivo di Cristo (parusia): n. 6 Corale
Introdotta da un movimento sul Kirchenlied di Lutero (1524) che dà il titolo alla composizione, sofisticata versione tedesca del magnifico inno ambrosiano «in nocte natalis Domini» Veni, redemptor gentium, e chiusa da un ulteriore corale, nella parte centrale la cantata affida al tenore lo sviluppo della riflessione teologica sull'Incarnazione in un recitativo («Der Heiland ist gekommen») seguito da un'aria («I komm, Jesu, komm zu deiner Kirche») su un testo che riprende il tema, già ambrosiano, della meraviglia universale per l'Incarnazione. Ma il cuore della composizione è costituito dal memorabile, icastico recitativo ac­compagnato «Siehe, ich stehe vor der Tür» del basso, tradizionalmente il registro vocale che simboleggia la vox Christi, cuispetta l'intonazione dell'unico passo biblico letterale del libretto: Apocalisse 3,20 («Ascoltate, io sto alla porta e busso. Se uno mi sente e mi apre, io entrerò e ceneremo insieme, io con lui e lui con me»).
Il cantante dapprima evoca il gesto, intimo e autorevole a un tempo, del Salvatore che bussa alla porta (un gesto materializzato dal pizzi­cato degli archi a cinque parti), per distendersi poi nel declamato più solenne dell'arioso («So jemand...»), sul medesimo accompagnamento strumentale. A quel punto il soprano/anima potrà rispondere, con la sua aria «Offne dich, mein ganzes Herze», al basso/Cristo secondo una simbologia dei registri vocali che si ritrova, ad esempio, in altre cantate come la bwv 59 Wer mich liebet, der wird mein Wort halten (I).In que­sto caso una citazione biblica minima (un singolo versetto) è investita della massima pregnanza musicale e incastonata in una struttura reto­rica, verbale e devozionale sofisticata che le offre uno sfondo teologico d'intento esegetico, avvalendosi del patrimonio innodico tradizionale, notissimo a qualsiasi fedele, su cui s'innesta la predicazione destinata alla comunità.
 
3. Una raffinata (autonoma?) esegesi musicale
Un anno più tardi, medesimo luogo, IV Domenica d'Avvento. Il testo della cantata bwv 132 Bereitet die Wege, bereitet die Bahn (BC A 6), è tratto dalla raccolta Evangelisches Andachts-Opffer,pubblicata da Salomo Franck proprio a Weimar in quel medesimo 1715 e si basa puntualmente sulla lettura evangelica del giorno, Giovanni 1, 19-28, che riferisce l'interrogatorio del Battista da parte delle autorità ebrai­che, l'autodefinizione del profeta come «voce che grida nel deserto» e l'annuncio dell'avvento del Cristo, che avrebbe perfezionato il battesimo impartito da Giovanni.
Il passo evangelico viene prima parafrasato dall'aria d'apertura(il testo di Franck rimanda a sua volta, attraverso la mediazione evangelica, a quella profezia di Isaia (40,3-4) con la quale si apre il Messiah di Händel), e corredato di un'immediata applicazione morale dal recitativo del tenore, «Willst du dich», che declina ogni dettaglio dell'esortazione del Battista, formulata originariamente in linguaggio allusivo e metaforico, attraverso riscontri morali decisamente didascalici. L'aria del basso «Wer bist du? Frage dein Gewissen» rivolge alla coscienza del credente la domanda posta a Giovanni, incitandola a scrutare impietosamente l'abisso del proprio peccato. Recitativo e aria del contralto («Ich will, mein Gott» - «Christi Glieder, ach bedenket») additano infine nel battesimo la strada della redenzione offerta da Cristo.
Assecondando la tendenza delle cantate di Weimar successive al 1714,Bach compone una cantata da camera che fa quasi completamente a meno del coro, relegato alla pagina conclusiva. Ne risultò un lavoro ispirato al più alto virtuosismo esecutivo, da parte delle voci come degli strumenti, nelle arie come nei recitativi. Una cifra di natura estetica che trascende in implicazioni di natura semantico-espressiva: il virtuosi­smo imposto da Bach imprime all'intera composizione un tono alacre e gioioso, il sigillo di un entusiasmo che suona come una risposta assai appropriata all'invito di spianare la via alla Parola. Il compositore mette così in atto, attraverso mezzi squisitamente musicali, una lettura morale del testo biblico che si lascia ben lontano il burbero cipiglio da severo digiunatore del Battista, investendo il credente con un vortice sonoro di seducente energia.
Un'esegesi, insomma, tutta bachiana, che della lettura evangelica del giorno (evidentemente anche dietro sollecitazione dell'epistola paolina che l'accompagna: Filippesi 4, 4-7)esalta, nell'imminenza del Natale, il messaggio consolatorio, prodigando i piaceri raffinati garantiti da un'ese­cuzione tanto impegnativa quanto d'effetto. A maggior ragione, visto che la composizione vedeva la luce all'indomani del lutto di Stato per la prematura scomparsa, a diciannove anni, del principe Johann Ernst, nipote del duca regnante.
La galleria delle meraviglie di una scrittura tanto ardua è aperta da una splendida aria del soprano, sospinta dallo slancio euforico di un danzante metro in 6/8, a mo' di giga. La compagine degli archi vi è guidata, sin dalla memorabile figurazione d'attacco, da un alacre corifeo: il I oboe, il quale, dopo aver insegnato il tema ai violini I, consegna lo scettro al protagonista vocale, al quale è sufficiente la prima 'a' disponibile per lanciarsi in estesi passi di coloratura (fino a otto misure) del tutto degni di una prima donna del melodramma coevo. Trilli e melismi, vocali e strumentali, risultano perfettamente funzionali al significato espressivo del brano, traducendo con impeto l'entusiasmo per l'avvento del Messia, la cui strada sembra, nella musica, già trionfalmente appianata, secondo l'invito dell'imperativo testuale di ascendenza biblica.
E proprio sull'annuncio di tale avvento culmina la sezione B di quest'aria col da capo, quando il soprano, dopo un serrato dialogo in contrappunto con l'oboe, è lasciato da solo (tace persino il continuo)a far risuonare la buona novella: «Messias kömmt an!».
 
4. I tempi del Vangelo: raccontare, di nuovo, la Passione
Cambiamo ora genere musicale e città. La Passione secondo Giovanni (sul capolavoro bachiano cfr. le monografie di A. Dürr, Die Johannes-Passion von Johann Sebastian Bach, Kasse, Bärenreiter, 1988 e M. Geck, Johannespassion, München, Wilhelm Fink, 1991), risuonata per la prima volta a Lipsia sotto le volte gotiche della Chiesa di San Nicola nei Vespri del Venerdì Santo 7 aprile 1724,rappresentò per Bach, in servizio in città da appena dieci mesi, il battesimo sul terreno impegnativo della Passionsmusik, il principale avvenimento musicale dell'anno, assente da Lipsia sin dal 1721 per la morte del pre­decessore di Bach e la sua travagliata successione probabile che il compositore trentanovenne avesse già coltivato questo genere nelle tappe precedenti della sua vicenda professionale: in particolare durante il secondo periodo a Weimar (1708-17) avrebbe scritto un'altra Passione secondo Giovanni,eseguita presso il Castello di Friedenstein a Gotha nel 1717, di cui potrebbe restare memoria nella versione del 1725 della stessa Passione secondo Giovanni. Secondo il necrologio di Bach, ammonte­rebbero a cinque le passioni a sua firma, solo due delle quali giunte fino a noi sia nel testo sia nella musica).
Il lavoro s'innesta in una specifica tradizione liturgico-musicale della Germania protestante: l'esperienza, significativa benché di breve durata, della "passione oratoriale", genere ibrido che conserva inalterata la recitazione del vangelo, commentandolo con testi poetici originali e corali, a realizzare una sintesi vigorosa tra antiche scritture e sensibilità moderna. In particolare i valori testuali – in primis il racconto giovan­neo della Passione – determinano la natura dell'invenzione musicale, la quale a sua volta offre al testo evangelico un'amplificazione espressiva che mobilita risorse estranee alla razionalità del logos. Nei Vespri del Venerdì santo, passione e sermone formano così un'unità compatta che esalta l'assoluta, luterana centralità della Parola attraverso un doppio registro di commento: il piano puramente verbale della predica e quello musicale della passione.
Quest'ultima si configura dunque come una predica "al quadrato", sviluppo autonomo di un discorso poetico-musicale attorno al testo sa­cro. In particolare il 7 aprile 1724 il capolavoro bachiano venne ascoltato nella cornice liturgica dei Vespri, scanditi, secondo le disposizioni allora vigenti a Lipsia, secondo quest'ordine:
 
Corale Da Jesus an dem Kreuze stund (cantato dal coro e dall'assemblea)
Passione (IParte)
Strofa del Corale Herr jesu Christ, dich zu uns wend (assemblea)
Sermone
Passione (II Parte)
Mottetto di Jacobus Gallus Ecce, Quomodo moritur (coro)
Versetto della passione, orazione (collecta) e benedizione
Corale conclusivo Nun danket alle Gott (assemblea)
 
La Passione secondo Giovanni presenta poi una propria, puntuale organizzazione interna. Si presti attenzione in questa sede a un uni­co aspetto essenziale: la modulazione del tempo narrativo attraverso l'articolarsi degli episodi musicali e l'introduzione di testi moderni, strumento fondamentale di organizzazione del racconto evengelico. L'organizzazione del tempo rappresenta infatti il primo strumento tra­mite il quale il compositore propone una lettura originale della storia sacra, mettendosi così in grado di raccontare, di nuovo e in modo nuovo, la Passione.
La tradizione teologico-liturgica coeva suggeriva un'articolazione del racconto giovanneo della Passione e Morte di Cristo attraverso cinque scene (ciascuna delle quali coronata da un corale nella partitura bachiana) sintetizzabile in un unico esametro latino:
Hortus, Pontifices, Pilatus Cruxque, Sepulchrum
 
Questa prima passione bachiana per Lipsia applica un simile schema con assoluta, cartesiana limpidezza, tanto più evidente nel confronto con lo svolgimento ben più anfrattuoso della Passione secondo Matteo. Di quel lavoro manca qui completamente il blocco iniziale di tre scene (Unzione di Betania, Tradimento di Giuda, Ultima cena), mentre l'epi­sodio ambientato nell'Orto degli Ulivi è ridotto a soli quattro numeri musicali, poco più di cinque minuti di musica, con mera funzione intro­duttiva. Balza così quasi in esordio la cattura di Gesù (recitativo n. 6), che nella Passione secondo Matteo sarà invece il culmine drammatico dell'intera Parte Prima, vero cuore della partitura.
Nella Passione secondo Giovanni ilconfine tra Parte Prima e Seconda avanza dunque fino a inglobare sia l'interrogatorio del Cristo di fronte ai sommi sacerdoti, sia un episodio di particolare rilievo nella sensibilità tardobarocca: il rinnegamento di Pietro, che ottiene il massimo rilievo quale ultima meditazione musicale a precedere il sermone. La Parte Seconda può così concentrarsi su tre momenti essenziali del racconto: Processo davanti a Pilato, Crocifissione e Sepoltura. Se quest'ultima è trattata con un'essenzialità simmetrica all'episodio dell'Orto degli Ulivi (solo tre numeri musicali), i primi due momenti sono arricchiti da una serie d'interventi "soggettivi" – arie ariosi e corali – tesi a promuovere la partecipazione del fedele alla vicenda.
A differenza di quanto accadrà nella Passione secondo Matteo, Bach ricorre poi a due frammenti testuali tratti da un vangelo diverso: un duplice intervento essenziale nella drammaturgia musicale della Passione. Il secondo, forse il più esteriore, corrispondente al recitativo n. 33,riguarda gli effetti prodigiosi della morte di Cristo (squarcio nel velo del Tempio, terremoto, resurrezione dei morti) e offre il destro per la rappresentazione di una natura spettacolare e minacciosa, soprattutto nel concitato arioso n. 34,da cui deriva la successiva aria del soprano.
L'altra interpolazione si colloca invece nel punto nevralgico che chiude la Parte Prima, a completare l'episodio del rinnegamento di Pietro. Data la reticenza del vangelo giovanneo, che si sporge solo fino al canto del gallo (Gv 18,27),Bach o il suo anonimo librettista scelsero d'inter­polare il fondamentale pianto di pentimento dell'apostolo, assicurando efficace sostanza drammatico-musicale a un episodio dalla vastissima popolarità nella spiritualità barocca cattolica e protestante. Il pianto di Pietro assurge così a episodio musicale autonomo, quasi una coda della Parte Prima della passione, che culmina nella tragica sarabanda dell'aria n. 13.
Si palesa in questo modo chiaramente il duplice volto di questa partitura: le lacrime di Pietro temperano infatti con la dolente consapevolezza della fragilità umana la solenne regalità del Cristo dell'evangelista Giovanni, Figlio di Dio glorioso proclamato re anche dai persecutori come Pilato e, benché prigioniero, in realtà signore degli avvenimenti da lui dominati anche da imputato e crocifisso. Il Christus Victor che il grandioso coro d'apertura esalta con titoli di maestà regale - con un tono espressivo ribadito di continuo dal vigore e dall'energia ritmica dei cori che costellano l'intera partitura - viene così ad arricchirsi del chiaroscuro di un'umanità misera e fragile, a completare il messaggio più autentico del complesso organismo di questa passione bachiana.
 
5. Coda (interlocutoria)
Quelli proposti rappresentano alcuni degli approcci alle Scritture da parte di un compositore incaricato di produzione musicale sacra nel tardo baroco. Nel caso specifico di Bach è possibile affermare con tranquillità che tale commercio tra la Parola divina e l'arte dei suoni implicò un approfondimento non comune delle implicazioni teologiche, e insieme un'accorta considerazione della retorica musicale barocca con la sua eredità di simbolismo sonoro. Di esempi se ne potrebbero portare molti altri in più direzioni.

Poiché fortunatamente la musica di Bach è oggi perfettamente ac­cessibile, per quello che il tempo ha risparmiato, può costituire un utile proseguimento di questa lettura la verifica personale dei percorsi realizzati dal compositore nel rapporto con la Bibbia. Percorsi che risultano più spesso mediati da una serie di testi innodici o devozionali moderni, a realizzare un ordito verbale in grado d'accendere la fantasia musicale del compositore, offrendogli una via eccellente per appagare l'inesausta tensione sperimentale bachiana.

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R. Mellace, Bach. e la Bibbia: tre questioni132.89 KB